“Si può fare” dei veterani sportivi

VENERDÌ 13 FEBBRAIO 2009

“Si può fare” dei veterani sportivi

Da “Il Veterano” Febbraio 2009

Di Martino Di Simo

È da molto tempo che ho in mente le cose che tra poco leggerete. Perché non l’ho fatto prima? Vi chiederete. Per non creare problemi per le fu­ture elezioni. Quando si leggeranno queste righe spero i giochi saranno fatti e le acque si saran­no calmate, così pure gli animi.
Ed è per questo che chiedo ospitalità come qualche volta è sta­ta chiesta, nelle pagine del nostro giornale. In ma­niera molto intelligente il dott. Vene, presiden­te della sezione di Massa ed il delegato regionale dott. Ettore Biagini, hanno chiesto l’organizza­zione dell’Assemblea elettiva del 2009, met­tendo a disposizione le strutture delle loro città. In questa organizzazione sono state chiamate an­che le sezioni di Carrara e di Pontremoli. Infatti, questa assemblea si troverà sicuramente negli an­nali della storia dell’Unione Nazionale Veterani dello Sport, sarà lo spartiacque tra l’indimenti­cabile gestione del grandissimo uomo-campio­ne Edoardo Mangiarotti ed il nuovo corso che i recenti eletti vorranno impostare. Nel pomeriggio del sabato dopo l’Assemblea te­nutasi a Paestum con alcuni presenti si parlava più o meno velatamente chi, secondo noi, potrebbe essere il futuro presidente. Feci notare quando leg­giamo nei resoconti delle feste delle nostre se­zioni sul nostro Veterano, in molti casi notiamo che a queste conviviali partecipano soci con nomi che ricordano, campioni altisonanti dello sport olimpico, europeo, mondiale, ecc. La do­manda sorge spontanea, come diceva un verace napoletano. Questi personaggi sono soci dell’Unione perché ne sono convinti, conoscono le finalità e gli scopi e il motivo della loro appartenenza al­la nostra associazione, oppure sono le sezioni che li iscrivono per onorarsi di averli come propri iscrit­ti e così da attirare nuovi soci? Nella mia non lun­ga presenza nel mondo dei veterani, non mi è ca­pitato di incontrarli. L’affermare: se si faceva o si poteva fare, di se e di ma sono piene le fosse. Bisogna operare e collaborare con le persone che hanno dato la loro disponibilità e successivamente verificare se la loro generosità è all’altezza del compito a cui si sono proposti, sono stati chia­mati, sono stati votati ed eletti. Sarà compito del­le persone preposte alla scelta dei candidati con­siglieri presentarli. Se gli scopi che si sono pre­fissati non fossero raggiunti, sarebbe una delusione, non solo per chi li ha caldeggiati ma per l’Unione stessa. Perché ora non è più il mo­mento di fare le belle statuine nella vetrina dei consiglieri nazionali dei veterani, se veramente l’Unione ha il desiderio di darsi un rinnova­mento c’è solo da rimboccarsi le maniche ed a testa bassa lavorare per il bene dei veterani. Mangiarotti, con la sua quarantennale espe­rienza di presidente, conosceva ogni cosa, anche nell’angolo più recondito di ogni sezione, di ogni uomo che lo affiancava in questo difficile compito. Sicuramente non farà mancare, alla nuova dirigenza, la sua grande saggezza, la sua esperienza e le sue conoscenze, comunque a monte di tutto ciò, dovrà esserci un’unione tra i consiglieri mettendo da parte ogni forma di per­sonalismo. La nostra Unione va ringiovanita, non solo tra i soci ma soprattutto nella composizio­ne del nuovo Consiglio Direttivo, andando alla ricerca della giusta miscela tra la saggezza de­gli anziani e lo spirito innovativo di giovani vo­lenterosi ed entusiasti di far parte di questo mondo. Solamente abbassando la media del­l’età dei nostri soci potremo ottenere ciò che so­pra ho delineato. Molte volte sono i giovani che danno nuovi stimoli e favoriscono il rag­giungimento di nuovi obiettivi. Ora mi corre l’obbligo di fare una precisazione: quello che leggerete sotto è un appello che io ri­volgo al vecchio Consiglio e tengo a precisare non mi riguarda personalmente. Tutti, o almeno i presentì, ricorderanno la precedente Assemblea di Paestum, dove furono votate alcune variazioni al nostro Statuto e precisamente, tra le altre, quella del numero dei consiglieri nazionali, da portare a 12 dagli attuali 14. Per vari motivi, sarebbe lungo descrivere, questo non è stato approvato. Approfittando di questo spazio, de­sidero rivolgere un appello a tutte le persone di buona volontà affinché questa opportunità non vada perduta. Nei miei colloqui riservati con varie persone mi è sembrato di capire varie manovre per accaparrarsi queste due poltrone. I calcoli si sprecano, ogni piega dello Statuto è pre­sa in considerazione. Tutto questo è lecito, tut­to è perfetto, solo se lo vediamo sotto l’aspetto dei numeri. Il ragionamento fila: ho più soci, ho più consiglieri, è sempre stato e si continua co­sì. Ognuno tira l’acqua al suo mulino per cercare di coltivare il proprio orticello. Pregherei tutti quan­ti di fermarsi un attimo e ragionare al di fuori di quello che stabilisce lo Statuto o le abitudini fi­no a qui acquisite.
Dobbiamo cambiare qualche cosa, i numeri so­no belli ed indiscutibili, ma sono freddi. Qualche volta bisogna trovare il coraggio di ragionare con il cuore da sportivo che è in ognuno di noi. Come si dice, buttare il cuore oltre l’ostacolo. Ecco il nocciolo della questione. Se andiamo ad analizzare la divisione in tre parti dell’Italia, balza subito evidente che non ci sono grandi dif­ferenze, per il numero di soci, tra il Nord ed il Centro. Per il Sud il problema esiste. Precisiamo le co­se, così si riesce a capire meglio il problema. Nel Sud ci sono tantissimi sportivi e sono convinto farebbe piacere far parte della nostra Unione. Ci siamo mai chiesti perché il Sud ha così poche se­zioni e pochi soci? Le risposte potrebbero esse­re molteplici ma tra queste le regioni del Sud geo­graficamente hanno una estensione che non si ri­scontra in altre parti d’Italia e le comunicazio­ni stradali non sono agevoli come per il Nord o il Centro.
Pensiamo alla Puglia o alla Calabria, ai chilometri da percorrere e le ore da trascorrere in auto per raggiungere un capo all’altro della regione. Peggio ancora il doversi muovere con i mezzi pub­blici. Penso alla regione che mi ha adottato: la Sicilia. Una volta questa era divisa in due parti e c’era­no due persone che si occupavano di questa iso­la a forma triangolare. Solamente vivendoci mi rendo conto della vastità di questa terra. Sono stato invitato a presenziare all’inaugurazione della sezione di Trapani, approfitto per ringraziarli di nuovo per la loro gentilissima ospitalità. Per essere presente a questo importante evento, ho percorso oltre 700 km! Ma non possiamo nep­pure continuare in questo isolamento perché, sono sicuro, la Sicilia è piena di sportivi, per rag­giungere una maggiore capillarità di soci e di se­zioni ha bisogno di investimenti, non solo sul­le persone.
“La storica XII Assemblea Nazionale Ordinaria di Palermo del 1-2 giugno 1973 offre una svol­ta decisiva all’Unione con la riconferma, a presidente, di Edoardo Mangiarotti e con la composizione di un Consiglio Nazionale formato da uomini con provate e notevoli capacità”, così si legge nella storia dei veterani pubblicato su un vecchio an­nuario Unvs. Per non parlare della Sardegna dove non esiste più una sezione e nel lontano mag­gio 1978 a Cagliari si svolse la 17a Assemblea Nazionale ordinaria.
Forse è arrivato il momento per ripensare ad una distribuzione di incarichi, ma non possiamo permetterci il lusso di perdere quest’occasione che si presenta. Un’associazione come la nostra va guardata come se fosse un’azienda e questa non penserebbe mai a mettere in campo la for­za vendita dove è più forte anzi, molto probabilmente, toglierebbe da qui qualche suo elemento e guar­dando più avanti, andrebbe a rafforzare, con uomini e mezzi, dove è più debole e scoperta. Mi auguro che questo mio appello possa far pensare, a chi di dovere, in modo da trovare una giusta soluzione per il Sud. I vari sportivi, una vol­ta intercettati e riuniti potrebbero formare altre se­zioni. Per eleggere i consiglieri, forse sarebbe più opportuno prendere in considerazione non solo il numero dei soci ma trovare un rapporto tra que­sti, il territorio ed il numero degli abitanti. Spero anche sia preso nella giusta considerazione in quanto non assolutamente rivolto per danneggiare qualcuno, ma dettato dal cuore, per cercare una soluzione che posa far emergere, come nei tem­pi passati, persone che avranno senz’altro le ca­pacità per far risorgere vecchie e nuove sezioni. Allora anche la Sicilia potrà ritornare agli anti­chi splendori e perché no, essere sede di una pros­sima Assemblea, come tanti anni fa. Il si può fa­re (Yes you can) ora tanto di moda, potrebbe es­ser il nuovo slogan dei veterani sportivi.