SEZ. BARI LA MOSTRA FOTOGRAFICA SU FRANCESCO MARTINO

DA SITO SEZIONE BARI

EXPOLEVANTE, LA MOSTRA FOTOGRAFICA SU FRANCESCO MARTINO

Olimpiadi di Parigi 1924. Debuttano il primo villaggio olimpico nella storia dei Giochi e lo speaker per il pubblico. I partecipanti sono 3076, fra i quali 139 donne, in rappresentanza di 44 paesi. Centoventisei le gare in programma, mille i giornalisti, 625mila gli spettatori.
La rappresentativa italiana è composta da 201 atleti, un record per le spedizioni azzurre. Otto le medaglie d’oro conquistate.
Un panino e un bicchiere di vino al termine degli allenamenti: la dieta di Francesco Martino, per vincere due medaglie d’oro nella ginnastica alle Olimpiadi di Parigi del 1924, è tutta qui. Il resto lo fanno la volontà, la tecnica, la perfezione del movimento.
Ricostruire la storia fotografica di questo personaggio, non è stato facile. I Veterani dello sport – la sezione di Bari è dedicata proprio all’atleta dell’Angiulli – e le Stelle al merito, si sono rimboccati le maniche e hanno cominciato a spulciare archivi, giornali d’epoca, riviste, collezioni private. Alla fine l’impegno è stato premiato. Ed è stato possibile organizzare una mostra al padiglione 110 di Expolevante dedicata al primo atleta barese a vincere una medaglia olimpica. L’evento è stato visitato dal presidente del Coni Puglia, Angelo Giliberto e dall’assessore comunale allo Sport, Pietro Petruzzelli, che si sono complimentati per la riuscita dell’iniziativa. Ricostruita anche la giornata al termine della quale Martino entra nell’immortalità sportiva.
Allo stadio Colombes in 50mila assistono al concorso ginnico. La capitale francese organizza al meglio i Giochi consacrati dalla sfida tra Abrams e Liddell immortalata nel film “Momenti di Gloria”.
Martino è cresciuto nell’Angiulli. Pratica ginnastica da quando aveva 9 anni. Afferra gli anelli. Si prepara ad eseguire la croce, l’esercizio simbolo di questa disciplina sportiva. Bicipiti e pettorali si tendono, braccia aperte e distese verso l’esterno, gomiti bloccati, gambe tese, il corpo perpendicolare al suolo. I secondi trascorrono lentamente. I campioni di solito si fermano a cinque. Lui no. Il tempo scorre. Dieci, venti, trenta secondi. Martino resta immobile in quella posizione per più di un minuto senza che dallo sguardo concentrato emerga la minima fatica. Impresa da leggenda condita da una incomparabile bellezza estetica. Il pubblico lo ammira in silenzio, poi applaude, lo osanna, gli avversari si congratulano, la giuria internazionale lo premia col punteggio di 10 e 83, record della specialità nei Giochi. La medaglia è d’oro. Poi, si ripete nel concorso a squadre. L’Italia sale di nuovo sul podio.
E pensare che a Parigi Francesco Martino ha corso il rischio di non gareggiare. Un anno prima, alla preolimpica di Milano, la fune logora degli anelli cede durante l’esercizio. Si teme addirittura la frattura della spina dorsale. Ma l’atleta dell’Angiulli si fa medicare e porta a termine l’esercizio. Successo strepitoso e memorabile.
Al rientro a Bari le conseguenze della caduta lo costringono a due mesi di immobilità. Per alcuni ginnasti potrebbe essere la fine. Martino invece ricomincia da capo. Si riprende. E alla preolimpica di Monza guadagna la maglia azzurra e il diritto a partecipare ai Giochi transalpini.
Il ginnasta barese, piccolo di statura e tarchiato, bussa alla porta dell’Angiulli insieme con i fratelli Angelo e Raffaele. Debutta a 12 anni con la squadra bianco-blu al concorso nazionale di Varese tra gli allievi. Primo gradino del podio anche a Torino e a Genova. Scoppia la prima guerra mondiale. L’Angiulli è sfrattata dall’edificio scolastico di via Garruba, adibita ad ospedale militare. La nuova sede è in un capannone di una vecchia fabbrica di fiammiferi in corso Italia. Un bombardamento aereo austriaco distrugge capannone, arredi e attrezzi ginnici. Conclusa la guerra, l’Angiulli riprende l’attività, tra mille difficoltà, in una parte del vecchio mercato in ferro di corso Cavour. Onofrio Terrevoli, maestro di sport, raduna gli atleti tornati dal fronte. Giorgio Cardone, mitico istruttore, guadagna 25 lire al mese. Raffaele Martino, fratello di Francesco, uno dei ginnasti più rappresentativi, non c’è. E’ morto in Albania nel 1917. Francesco Martino è in Marina, sui Mas, i motoscafi siluranti. Si è arruolato come volontario. Rientra a Bari nel 1920 con una medagli al merito per l’impresa dei Dardanelli. Riprende da dove aveva lasciato. Naturalmente, vincendo. Oro al concorso militare del 1921 e del 1922; primo gradino del podio a Trieste; exploit a Zara, primo successo sportivo barese in una competizione all’estero.
Alle Olimpiadi Martino ha 24 anni. Le prove del concorso a squadre di Parigi, il più impegnativo, sono dieci: quattro obbligatorie, quattro libere, più la salita alla fune e il salto del cavallo in lungo. L’angiullista è praticamente perfetto grazie ad un concentrato di esplosività muscolare e un incredibile senso dell’equilibrio. Rinunce, tenacia, determinazione. Tutto racchiuso nelle due medaglie, perché se vuoi scrivere la storia, ti devi sacrificare. Campione di umiltà è il soprannome del signore degli anelli barese. Al ritorno da Parigi, il regalo più bello: il posto di lavoro all’Acquedotto pugliese.
Passeranno 72 anni prima che un altro italiano vinca l’oro negli anelli. Toccherà a Juri Chechi, ai Giochi di Atene.
Cento anni dopo, nel 2024, le Olimpiadi tornano nella Ville lumiere per l’edizione numero 33. E la Puglia ha già ottenuto finora dieci pass per la rassegna. Li hanno conquistati due atleti foggiani, Luigi Samele e Martina Criscio nella scherma; tre atleti tarantini, Benedetta Pilato nel nuoto e Mauro De Filippis nel tiro a volo, la marciatrice Antonella Palmisano; due brindisini, Vito Dell’Aquila nel taekwondo e Paolo Monna nel tiro a segno; tre baresi, i nuotatori Chiara Tarantino e Marco De Tullio, il marciatore Massimo Stano. Entrare nel cuore dei pugliesi è l’obiettivo più importante. Proprio come Francesco Martino.