Mangiarotti re di spade e di medaglie

SABATO 26 MAGGIO 2012

LUTTO AVEVA 93 ANNI. ERA UN MITO

Da LA GAZZETTA DELLO SPORT 26 Maggio 2012

Mangiarotti re di spade e di medaglie

Perché Mangiarotti è importante per il nostro sport.

Edoardo per numero di medaglie e longevità è tra i fenomeni di sempre

di ELIO TRIFARI

EDOARDO MANGIAROTTI

Se e n’è andato a 93 anni, Edoardo Mangiarotti da Renate Brianza, per tutti Edo, gloria della scherma mondiale e italiana, 13 medaglie olimpiche — record italiano — in un quarto di secolo dal 1936 al 1960,13 ori e 26 podi mondia­li in 11 edizioni, una famiglia di eroi della pedana da papà Beppe alla figlia Carola, pas­sando per il fratello Dario, al­tro grandissimo, che ci ha la­sciati 94enne, due anni fa.
A chi segue lo sport oggi, il co­gnome dirà magari poco: nel­la scherma, e nella storia italia­na, i Mangiarotti si estendono per oltre settant’anni di attivi­tà, da quando papa Giuseppe si dedicò nel 1906 alla spada, per cogliere a Londra 1908 il quarto posto a squadre, e fino al doppio quinto posto olimpi­co (1976-80) della figlia Caro­la. Edo che, vicino di casa del­l’attuale sede della Gazzetta, avevamo tante volte salutato e incontrato in via Solferino, al civico 26, prima sede del Circo­lo della Spada fondato dal pa­dre.
Negli albi d’oro dell’Olimpia­de Edo occupa un posto di rilie­vo: quinto assoluto per medaglie conquistate, dopo tre gin­nasti sovietici e il nuotatore Usa Michael Phelps; e nel suo bilancio complessivo ai Giochi, 6 ori 5 argenti e due bron­zi, spicca la doppietta nel fioretto a Helsinki 1952. Un affa­re di famiglia in cui Dario lo aveva preceduto sul podio (si è detto spesso gli avesse lascia­to la vittoria nel confronto di­retto), regalandogli così il solo successo individuale a cinque cerchi, mentre lui, Dario, centrava l’argento nello spareg­gio a tre. Ma impressiona an­che la longevità di Edo, dall’oro di Berlino ’36 nella spada a squadre a 17 anni, dopo il de­butto ai Mondiali del ’35, al doppio oro conquistato a 41 primavere, Roma 1960, nelle squadre di fioretto e ancora di spada.
La spada era l’arma preferita, sulle orme del padre, alla spa­da che tirava da mancino deve 8 dei suoi 13 podi olimpici: in una sola occasione, il fioretto individuale a Melbourne 1956, non ce l’ha fatta ad arrivare sul podio. Insegnava scherma, nella sua sala alla piscina Cozzi di Milano oggi cu­rata da Carola, e scriveva corri­spondenze per la Gazzetta; a parte la cronaca della sua gara, a Helsinki 1952, fu lui, tira­to giù dal letto, ad andare a svegliare Gianni Brera e Gualtiero Zanetti per avvertirli che la Camber aveva vinto l’oro nel fioretto. Dopo Roma, non aveva voluto più mancare a un’edizione dei suoi Giochi, da dirigente inter­nazionale e da testimone di un’epoca che aveva illumina­to. Era un omone assai diverso dal segaligno fratello Dario, capace di 5 ori mondiali, un ar­gento e due bronzi. Infaticabi­le in pedana, da cronista ch’era stato, ricordava lucidamente episodi e avversari.
Ora entrambi ci hanno lascia­to, Edo e Dario, con 16 medaglie olimpiche in due, record mondiale a cinque cerchi per una famiglia. Non c’è più un Mangiarotti in pedana, dopo un secolo: ciao Edo, ciao Da­rio, continuerete a duellare al­trove.