LUNEDÌ 20 DICEMBRE 2010
TAORMINA LA SUA STORIA, L’ARTE E I SUOI DINTORNI
Ricerche e elaborazioni di G.S. Martino Di Simo

Taormina è considerata la perla dello Jonio ed è famosa, fin dalla fine del 1800, per la sua storia, l’arte, la cultura, lasciata dalle tante dominazioni che hanno invaso e dominato la Sicilia durante i secoli.
Il periodo greco
Sembra che il navigante ateniese Theokles, naufragato sulle coste orientali della Sicilia, poté constatare il clima favorevole e la fertilità della terra.

Nel 735 a.C. gruppi di coloni greci, unitamente ad Achei del Peloponneso settentrionale, a Dori e Calcidesi, approdarono sulle coste orientali della Sicilia. Andromaco, padre del famoso storico Agatocle, tiranno di Siracusa, riuscì, infatti, ad assoggettare la città. Alla morte di Agatocle, Siracusa fu guidata da Cerone II. Questi riconobbe ai Tauromeniti l’autonomia, ma li assoggettò al pagamento della decima; all’obbligo, cioè, di versare la decima parte della ricchezza prodotta durante l’anno. Questo fu per la polis, comunque, un periodo di splendore e di benessere I Tauromeniti si poterono dedicare alla costruzione del Teatro, delle Naumachie e degli acquedotti. Si presentava, però, per Tauromenium il pericolo dei Cartaginesi, che dalla Sicilia occidentale cercavano di espandersi nella parte orientale occupata dalle colonie greco-siciliote. Siracusa che, alla morte di Gerone II, aveva cessato la politica di alleanza con Roma, venne attaccata e rasa al suolo dall’esercito romano, guidato dal Console Marco Claudio Marcelle. La popolazione fu massacrata e trovò la morte anche il grande Archimede.
Il periodo romano
Tauromenium, per evitare dì essere distrutta e saccheggiata come Siracusa, avviò una politica di amicizia verso Roma e, nel 212 a,C., si sottomise ad essa. Cessava con questo atto il periodo di massimo splendore della civiltà greca in Sicilia. Cesare Ottaviano fece di Taormina una colonia romana, allontanando dalla città molti dei suoi abitanti e popolandola con famiglie romane. La città godette, fino al 133 a.C., di un periodo di pace, durante il quale fu ristrutturato il Teatro greco costruito da Gerone II. (ecco perché oggi il Teatro antico è spesso anche chiamato greco-romano), furono costruiti nuovi monumenti e fu dato un impulso allo sviluppo urbanistico La cacciata definitiva dei Cartaginesi dall’isola fu merito dei Romani, ma la Sicilia e Tauromenium non diventarono mai latine. Tauromenium conservò, infatti, il suo parlare greco fino alla nascita del volgare nel periodo dei Normanni e degli Svevi.
Il Cristianesimo
Nel 476 d.C. cadde il potente impero romano, nonostante ciò, la forza della fede e delle idee del cristianesimo si affermò prepotentemente e la nuova religione presto arrivò anche a Tauromenium. Tauromenium fu sede vescovile fino al 1082, finché questa non venne abolita dal Conte Ruggero d’Altavilla, primo conquistatore normanno della Sicilia.

Gli Arabi
Caduto l’impero romano d’Occidènte (V secolo d.C.), iniziarono le incursioni sulle coste meridionali della Sicilia da parte degli Arabi, che incitavano alla guerra santa contro gli infedeli cristiani. La città fu saccheggiata e distrutta. Monumenti e chiese furono abbattuti. Il califfo Al Moez le diede il nome di Almoezia. Portarono importanti innovazioni nell’agricoltura (produzione del miele, del gelso, dell’arancio e del limone), nelle tecniche per la captazione della acque e nei sistemi d’irrigazione. Si diffuse la filosofia classica, progredirono gli studi della medicina, della chimica e della matematica.
Normanni e Svevi
Nel 1078 Ruggero, il figlio più giovane di Tancredi, espugnò Almoezia e la città riprese il nome di Tauromenium. Nel 1087 i Normanni occuparono l’intera isola e si trovarono innanzi al problema di sanare le tremende ferite della guerra. In questo compito furono eccellenti, dimostrando di essere una delle dinastie più illuminate del tempo. Fecero riaprire gli edifici destinati al culto cristiano, consentendo che le campane fossero di nuovo issate sulle chiese. La dinastia normanna si esaurì negli ultimi decenni del secolo XII. Dopo i Normanni, la Sicilia fu dominata dagli Svevi. Federico II (1194-1250) fu uno dei protagonisti più illuminati della storia della sua epoca.

Angioini e Aragonesi
Nel 1266 il papa francese Clemente IV incoronò re di Sicilia Carlo d’Angiò. Gli abitanti furono sottoposti a nuove tasse e perfino alle cosiddette collette regie. Il malessere provocato dalle vessazioni francesi sfociò, il lunedì di Pasqua del 31 Marzo 1282, nella ribellione che passò alla storia come Vespri Siciliani. La rivolta, iniziata a Palermo, si estese subito in molte città della Sicilia. Palermo, determinata a scacciare gli Angioini dalla Sicilia, chiese l’intervento del Re Pietro III L’occupazione militare della Sicilia da parte dell’esercito di Pietro III determinò una nuova spaccatura del regno delle due Sicilie: la parte peninsulare, con a capo Napoli, rimase sotto il dominio degli Angioini, mentre l’isola passò sotto quello degli Aragonesi. Nel 1302, col trattato di pace di Caltabellotta, l’isola venne concessa a Federico III d’Aragona, ma col divieto di fregiarsi del titolo di Re di Sicilia. Morto nel 1337, gli succedette il figlio Pietro II, nominato nel testamento erede universale e, in violazione del trattato, successore del regno dì Sicilia, Quest’ultimo morì nel 1342. Da quella data la Sicilia fu retta da reggenti. Nel 1348, l’isola fu investita dalla peste, la morte nera, portata dalle navi che venivano dal Levante. Dopo 90 anni di guerra tra Angioini e Aragonesi, nel 1372 si raggiunse la pace: l’isola rimase alla Casa d’Aragona e al sovrano fu finalmente riconosciuto il titolo di Re di Sicilia. Morì nel 1409 senza eredi legittimi. Il definitivo assoggettamento della Sicilia alla Spagna ebbe un effetto di stabilità e l’isola per lungo tempo non fu più teatro di guerre.
Savoia e Asburgo
Nel Giugno del 1714, Vittorio Amedeo II visitò Taormina assieme alla moglie, Anna d’Orleans. Per impedire l’occupazione spagnola Vittorio Amedeo II promosse un’alleanza tra Austria, Inghilterra e Francia, L’Austria accettò d’impegnarsi alla condizione che, sconfitta la Spagna, la Sicilia fosse passata sotto il dominio degli Asburgo. Per compensare la perdita della Sicilia, i Savoia avrebbero avuto in cambio la Sardegna. Seguì una guerra sanguinosa, che si concluse, nel 1718, con la sconfitta degli spagnoli. In virtù dell’accordo tra gli alleati la Sicilia passò agli Asburgo. L’occupazione austriaca nell’isola durò circa 3 anni.

I Borboni
Nel 1734, con la pace di Vienna, la Sicilia tornò agli Spagnoli, regnante Carlo III di Borbone. Fu così ricostituita l’unità del regno di Sicilia e di Napoli (il regno, cioè, delle due Sicilie). In questo periodo l’epidemia di peste che colpì Messina nel 1743 lasciò indenne Taormina, com’è testimoniato dalle patenti di sanità che venivano rilasciate ai residenti. In particolare, furono limitati i poteri della feudalità e cessarono i privilegi del clero (foro ecclesiastico, esenzioni e manomorta). Il Sant’Uffizio, famigerato organo dell’Inquisizione, venne soppresso.. Furono eseguite importanti opere che interessarono Taormina, tra le quali la strada Messina-Catania e quella che dal mare porta in città (l’attuale via Pirandello). Nel 1808, Ferdinando di Borbone, re delle due Sicilie, visitò Taormina.
L’Unità d’Italia
Il dominio spagnolo dei Borboni durò fino al 1860. Le idee del Risorgimento e i sentimenti di libertà e unità nazionale avevano ormai da tempo infiammato anche molte menti e cuori siciliani. Parecchi patrioti taorminesi dovettero fuggire dalla città per la dura repressione borbonica, guidata da tale Giuseppe Maniscalco. La notte di Natale del 1856 furono arrestati diversi congiurati, sorpresi dalla polizia in casa La Rosa a Calatabiano. Quando, nella primavera del 1860, Garibaldi sbarcò a Marsala per liberare la Sicilia, molti patrioti si posero al suo fianco per scacciare definitivamente i Borboni. AI garibaldini giunsero a Taormina il 3 agosto del 1860, al comando di Nino Bixio, che dormì in casa del barone Giovanni Platania. Nell’autunno dello stesso anno la Sicilia venne annessa al Piemonte e, quindi, al Regno D’Italia. Taormina cessò di essere al centro delle vicende politiche e militari della Sicilia.
L’ARTE GRECO ROMANA A TAORMINA
L’Odeon
Fu costruito quando era imperatore di Roma Cesare Augusto Ottaviano. Di dimensioni notevolmente più piccole rispetto al Teatro antico, perché conteneva non più di 200 persone, testimonia delle attitudini culturali della Taormina del tempo. La scena dell’Odeon era costituita dallo stilobate (basamento) e dal peristilio (colonnato) di un tempio greco (dedicato ad Afrodite), venuti alla luce nel corso degli scavi. Si pensa che il piccolo Odeon, costruito al centro della Polis, servisse per recite e audizioni musicali riservate ai magistrati, ai maggiorenti civili, militari e religiosi e alle loro famiglie ed anche ad ospiti di riguardo.

Le Naumachie
I resti delle Naumachie sono costituiti da un grande e robusto muraglione, che, dopo il Teatro, è il più antico rudere di origine greca esistente a Taormina. La costruzione, che risale al 1° secolo a.C., ha una lunghezza di 122 metri ed un’altezza di 5 metri. E’ ornata con 18 grandi nicchie, larghe 3 metri, profonde 1,70 e alte quanto il muro. In esse erano collocate statue di divinità ed eroi.
Il Teatro Antico
Il Teatro Antico non è soltanto un pezzo del patrimonio archeologico di Taormina, ma è anche un luogo d’incomparabile bellezza panoramica. L’occhio spazia dalla baia di Naxos, alle coste calabre, all’Etna, a Castelmola. Una prova che il teatro sia di origine greca è data dalla presenza, sotto la scena, di blocchi di pietra di Taormina (simili al marmo), che costituiscono il classico esempio del modo di costruire dei greci.. Per dimensione è il secondo della Sicilia, dopo quello di Siracusa. E’ costituita dalla gradinata, che, partendo dal basso, sale fino alla sommità. I primi posti della cavea erano riservati alle autorità, mentre la parte alta era riservata alle donne.. L’orchestra, posta al centro, divide la scena dalla cavea, ha un diametro di 35 metri. Per il rifacimento ed ampliamento del Teatro i Romani usarono mattoni d’argilla e calce. Il Teatro antico è una delle principali attrazioni di Taormina.
L’Antiquarium
E’ il piccolo museo archeologico, ospitato in due stanzette della casa (in passato chiamata casa degli inglesi) del custode del Teatro Antico.
La cattedrale
La Cattedrale fortezza, come venne definito il Duomo di Taormina, fu edificata intono al 1400 sui ruderi di una piccola chiesetta di epoca medievale e dedicata a San Nicola di Bari. Ha una struttura a croce latina con tre navate. Nelle due laterali trovano posto i sei altari minori. Sei colonne, tre per lato, di origine monolitica in marmo rosa di Taormina e sormontate da capitelli decorati a foglia e a squama di pesce, sostengono la navata centrale. Quest’ultima si apre sotto un soffitto a travi di legno con mensole intagliate, che riproducono motivi arabi resi in gusto gotico. Di notevole interesse il portale principale, ristrutturato nel 1636, con un grande rosone scolpito d’ispirazione rinascimentale.

I DINTORNI
Castelmola
Myle era il nome della città antica. Castelmola deriva dal castello normanno che sovrasta il centro abitato e dalla forma della rocca su cui si trova, vagamente somigliante ad una mola di pietra.
La Storia
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- 396 a.C., i Siculi sostituiscono le antiche mura di pietre a secco con più validi bastioni, in previsione di un attacco di Dionisio, tiranno di Siracusa, che conquista la città nel 392.
- 1738, Castelmola entra a far parte del Regno delle Due Sicilie.
- 1860, l’esercito borbonico è in fuga e la popolazione vota l’annessione al Regno d’Italia.
Del Castello-fortezza restano ormai solo le poderose mura normanne. Una lapide marmorea sistemata sulla facciata del duomo con incisioni greco-bizantine del X sec. ricorda: “Questo castello fu costruito sotto Costantino, patrizio e stratega di Sicilia”. Dovrebbe trattarsi di Costantino Caramalo, ultimo stratega di Taormina Sulla sommità dell’arco della porta d’ingresso del castello, sta invece scritto: “Castello fedele a Sua Maestà – Anno 1578”. E’ certa in ogni caso l’importanza della fortezza di Mola nel medioevo e nelle guerre tra Francesi e Spagnoli. Lungo la via i negozietti vendono souvenirs siciliani, pizzi e ricami delle donne del luogo. Il Bar Turrisi, un ambiente che sembra il regno dei “masculi”, retaggio di credenze magno-greche che solo qui, forse, resistono. Castelmola è il paese del vino alla mandorla e dei maccheroni fatti in casa.
Savoca
Savoca, fu fondata nel 1134 da Ruggero II e si sviluppò intorno alla “Rocca di Pentefur” dove, al tempo della dominazione araba, fu costruito un castello chiamato “Castello Saraceno”, tale fortezza venne ristrutturata inseguito dagli Arcivescovi di Messina a cui appartenne fino al sec.. Nei secoli XIV e XV furono costruite molte chiese, tra cui quella monumentale di S. Lucia, annessa al convento dei padri Domenicani, crollata nel 1880, la Chiesa Madre con un bel rosone rinascimentale sul portale, la Chiesa di S. Michele con i suoi splendidi portali, in pietra arenaria dei primi del Cinquecento, la Chiesa di S. Nicolò costruita nel XIV secolo con aspetto di una fortezza, i ruderi del Castello Pentefur o “Saraceno”, un ‘abitazione medievale con finestra bifora costruita nel tardo Cinquecento, appartenuta alle famiglie Fleres, Trischitta, Rizzo, Altadonna e il Convento con la Chiesa dei Cappuccini, che al suo interno conserva le catacombe contenenti le mummie dei notabili, dei patrizi e degli abati vestite con abiti del primo Ottocento. E’ altrettanto famoso per essere stato scelto come set di numerosi film di grande successo, come “Il Padrino” di Francis Ford Coppola del 1972 e “La vita Rubata” del 2007.
Forza D’agro’
Il primo insediamento risale al X secolo X secolo con il nome di Vicum Agrillae, mentre l’attuale denominazione risale al XIV secolo. I monumenti più rilevanti sono la chiesa madre, dedicata alla Santissima Annunziata (secolo XVI), il convento Agostiniano, la chiesa della Santissima Trinità ed il castello normanno del quale rimangono soltanto dei ruderi. Nel 1971, il centro storico di Forza d’Agrò (assieme a quello della vicina Savoca) è stato scelto da Francis Ford Coppola per l’ambientazione di numerose scene presenti in tutti i film della saga della famiglia Corleone, a partire da “Il padrino”.
Siracusa
Città dal glorioso passato, degna avversaria di Atene, Cartagine e Roma nell’aggiudicarsi il dominio dell’isola, Siracusa è oggi una delle città più interessanti della Sicilia, culla del teatro e splendido monumento al barocco.. Siracusa venne fondata da coloni greci nel 734 a.C. Siracusa dovette difendersi dalle mire espansionistiche di un’altra città, la potente Cartagine. Per sopravvivere, la città si affidò al tiranno Dioniso, il quale iniziò un programma di fortificazione della città portato a termine dai suoi successori. Nel 212 a.c., nonostante il forte contributo alla battaglia delle invenzioni belliche del celebre Archimede, Siracusa cadde sotto il dominio di Roma, sancendo l’inizio della sua decadenza. Nel 1693 un terribile terremoto colpì violentemente la Sicilia Orientale senza risparmiare Siracusa, e le altre città della Val di Noto. La città venne completamente ricostruita nei primi decenni del 1700 diventando insieme alla vicina Noto, uno degli splendidi esempi del barocco siciliano.
Teatro greco
Questo splendido teatro venne scolpito nella roccia del Colle Temenite attorno al V secolo a.c. E’ il più grande di tutta la Sicilia, e ancora oggi è uno dei fulcri della vita culturale siracusana: ogni anno in questo luogo magico e ricco di storia vengono rappresentate celebri tragedie greche.
Anfiteatro romano
Costruito in età augustea e portato alla luce di recente sorge a pochi passi dal Teatro greco, è il terzo anfiteatro più grande d’Italia (dopo quelli di Roma e Verona). L’anfiteatro di forma ellittica è quasi interamente scavato nella roccia e venne costruito per rappresentarvi lotte con gladiatori, belve feroci e simulazioni di battaglie navali.
Orecchio di Dioniso
È una grotta profonda circa 65 metri, larga 11 e alta 23, celebre per la sua particolare acustica dovuta alla forma del soffitto fatto ad angolo acuto, simile ad un padiglione auricolare, da cui deriva appunto il nome “Orecchio”. E’ dotata di incredibili doti acustiche: un suono prodotto al suo interno viene amplificato fino a 16 volte.
Grotta dei Cordari
È chiamato così perché in questo luogo per secoli e secoli i cordari esercitarono il loro mestiere, approfittando dell’umidità che permetteva loro d’intrecciare le corde con minor fatica. Questa grotta molto suggestiva è rivestita internamente da muschio e felci.
Castello Maniace
Costruito da Federico II di Svevia, questo imponente castello affacciato sul mare sorge nella punta estrema di Ortigia e deve il suo nome al generale bizantino che intorno al 1000 conquistò Siracusa.
Castello di Eurialo
Questa fortezza venne costruita sull’altopiano di Elisoli intorno al 400 a.c. da Dioniso il vecchio, per difendere la città dai cartaginesi. Sotto al castello si dirama un intricato reticolo di gallerie che permettevano ai soldati di spostarsi in caso di attacco.
Ortigia

La piccola isola di Ortigia, sulla quale i corinzi guidati da Archia avrebbero piantato le tende, nel 734, era già stata a lungo sede di insediamenti umani.. L’agorà di Ortigia si trovava vicino al tempio di Apollo che, già realizzato alla fine del VII secolo (e probabilmente terminato nei primi tempi del VI), rimane il più antico fra i templi siciliani e uno dei più arcaici dell’intera area culturale greca. Leggermente posteriore al tempio di Apollo è quello di Zeus Olimpico, realizzato su di un’altura sovrastante il fiume Anapo, dirimpetto al porto grande. Ortigia è una isoletta è stata da sempre la culla di Siracusa a cui e collegata attraverso un ponte, il ponte Umbertino. Scarse sono le testimonianze del suo glorioso passato giunte fino a noi, rimane il tempio di Apollo, il primo tra gli edifici sacri di stile dorico costruiti in Sicilia risalente al 500 a.C. La Fonte Aretusa è uno dei luoghi più famosi di Ortigia, è una sorgente di acqua dolce che si riversa in uno specchio d’acqua recitato ove al suo interno nasce spontaneamente il papiro. Il nome della fontana si ricollega al mito della ninfa Aretusa che inseguita dal suo innamorato il dio fluviale Alfeo, si rifugiò ad Ortigia tramutandosi in fonte, allora Alfeo si tramutò in fiume e passando sotto il mare la raggiunse facendo confluire le proprie acque in quelle della ninfa.
NOTO

Noto è conosciuta nel mondo per lo straordinario impianto barocco, assolutamente omogeneo ed unitario a causa dell’unità di spazio e di tempo nel quale avvenne la costruzione della nuova città dopo il sisma. La Chiesa di San Francesco, opera di Vincenzo Sinatra, il Monastero delle Benedettine e l’annessa Chiesa di Santa Chiara, a pianta ellittica, opera di Rosario Gagliardi, introducono alla piazza centrale della città, un autentico gioiello barocco sul quale si allarga la scalinata che porta alla scenografica facciata del Duomo. L’interno della Cattedrale è rimasto semidistrutto dopo il terribile crollo della cupola e di parte del tetto della navata centrale, ed è stato ricostruito. Di fronte al Duomo si trova il Palazzo Ducezio (sede del Municipio), accanto il Palazzo Landolina ed il Palazzo vescovile, mentre la piazza è chiusa alla fine dall’imponente facciata di San Domenico, ancora del Gagliardi. Da ammirare per ricchezza e preziosismi decorativi alcuni palazzi nobiliari dalle imponenti facciate: i più belli sono in prossimità del Duomo e ne fanno quasi cornice, tra questi Palazzo Sant’Alfano, Palazzo Nicolaci di Villadorata, Palazzo Trigona e Palazzo Astuto.Nella parte alta della città si trova la Chiesa del Crocifisso, altra opera del Gagliardi, al cui interno si ammira la splendida “Madonna della Neve”, opera di Francesco Laurana. Per bellezza ed unicità Noto è stata dichiarata “Patrimonio dell’Umanità” dall’UNESCO. Il primo insediamento risale all’epoca preistorica come testimoniano le numerose necropoli esistenti sulla collina dell’Alveria.

Secondo una leggenda la città fu governata dal principe Ducezio che, con Siculi, si ribellò alla politica espansionistica di Siracusa. Durante il dominio greco nel II secolo a.C. Noto conobbe un fiorente periodo produttivo, mentre sotto i romani gli sforzi principali furono destinati ad una energica opposizione contro le depredazioni di Verre. Con la conquista araba dell’anno 866 Noto raggiunse una notevole importanza per la Sicilia tanto da essere nominata capoluogo di una delle tre circoscrizioni in cui era divisa l’isola. Il processo di sviluppo continuò per tutto il XV e XVI secolo, fino a quando il terremoto del gennaio 1693 rase al suolo la città che fu poi ricostruita su un’altra altura chiamata collina delle Meti, situata più vicina alla costa. La ricostruzione avvenne durante tutto il XVIII secolo per opera di numerosi architetti che realizzarono un capolavoro urbanistico dall’inconfondibile stile barocco, di altissima qualità e unico per estensione ed omogeneità.
La Storia del Duomo di Messina

Le origini del Duomo di Messina risalgono al periodo normanno e fu Ruggero I di Siicilia a volerne la rifondazione, dopo la profanazione e i guasti apportati dai Saraceni durante la loro dominazione. Fu consacrato il 22 settembre 1197 dall’Arcivescovo Berardo, presenti l’Imperatore Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, e la Regina Costanza d’Altavilla, ultima principessa normanna, che a lui era andata sposa e gli aveva portato in dote il Regno di Sicilia. Le strutture originarie del sacro edificio, lungo il corso dei secoli, sono andate soggette a frequentissime trasformazioni, talora con l’aggiunta di elementi architettonici e decorativi che indulgevano al gusto del tempo. Ciò fu dovuto quasi sempre alle ferite inflitte da disastrosi eventi, soprattutto da terremoti, e alla conseguente necessità di ricostruire in tutto o in parte. La prima distruzione venne nel 1254, provocata da un furioso incendio durante i funerali di Corrado IV. Con l’Arcivescovo Guidotto De Abbiate (1304 – 1333) si iniziò un periodo di lento ma continuo arricchimento, che durò sino a tutto il ‘500. Vennero introdotti elementi decorativi di grande rilievo, quali i mosaici, le decorazioni del soffitto, gli splendidi portali, il rivestimento marmoreo della facciata, l’imponente complesso dell’Apostolato, il cui autore, Giovanni Angelo Montorsoli, discepolo e collaboratore di Michelangelo Buonarroti, costruì contemporaneamente la splendida fontana di Orione che si ammira sulla piazza del Duomo. Poi venne il barocco, con la sovrapposizione di elementi che deturparono la nobiltà e semplicità delle linee: stucchi, cornici, putti, festoni, un’infinità di altari; si giunse a trasformare gli archi ogivali in arcate romaniche. Dopo il terremoto del 1783 fu persino modificata la struttura per il gusto di sovrapporre una cupola lignea all’incrocio della navata col transetto. Fu demolito il campanile e furono affiancate due torri neogotiche alle absidi. Con il terremoto del 1908 l’edificio crollò quasi completamente. La ricostruzione, operata negli anni venti, riportò il tempio alle linee originarie. Grazie a pazienti opere di restauro fu possibile recuperare quasi tutte le opere d’arte. Ma una nuova distruzione, e per certi aspetti più grave, causarono gli eventi bellici. La notte del 13 giugno 1943 due spezzoni incendiari sganciati nel corso di un’incursione aerea alleata trasformarono in un rogo la Cattedrale, inaugurata appena 13 anni prima: restarono solo le strutture perimetrali, mentre ciò che era stato recuperato dopo il terremoto fu quasi del tutto ridotto in cenere. Toccò all’Arcivescovo mons. Angelo Paino, che aveva già fatto risorgere il tempio dalle macerie del terremoto, provvedere alla nuova ricostruzione. Il 13 agosto 1947 la Cattedrale veniva riaperta al culto e dal Papa Pio XII veniva insignita del titolo di Basilica. Le statue, i marmi ed i mosaici sono quasi tutti pregevoli copie degli originali perduti. La chiesa è la prima per grandezza in Sicilia dopo la Cattedrale di Palermo.
Zona Archeologica, Teatro Antico e Antiquarium Tindari

La città greca di Tyndaris, secondo quanto tramanda lo storico Diodoro Siculo,venne fondata intorno al 396 A.c. da Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, per installarvi contingenti di mercenari occupando una vasta porzione del territorio appartenente alla città indigena, poi ellenizzata, di Abacaenum (l’odierna Tripi), su un erta conformazione rocciosa ala cui formidabile valenza strategica condizionò le diverse fasi storiche della città. Legata militarmente a Siracusa fu poi, durante la prima guerra punica,base dei Cartaginesi, di cui era alleato Ierone II ma dopo la battaglia navale del 257 a.C, combattuta nelle acque fra Tindari e le Eolie fra la flotta romana,al comando di Attilio Regolo, e quella cartaginese, si assoggettò a Roma. Base strategica di Sesto Pompeo durante la guerra civile con Ottaviano, Tindari fu conquistata da quest’ultimo nel 36 a.C e successivamente vi fu dedotta una colonia nell’ambito dell’assetto amministrativo dell’intera Sicilia dovuto ad Ottaviano Augusto. Divenne una delle più fiorenti città della Sicilia durante l’età imperiale,come documentano le sue vestigia. In diverse fasi della sua storia subì ingenti danni e distruzioni:per una frana nel I secolo d.C. e per due violenti eventi sismici nel IV secolo d.C. Sede vescovile in età cristiana ,venne distrutta dagli arabi nell’836. E’ possibile seguire gran parte del percorso della fortificazione a doppia cortina di blocchi in arenaria a disposizione isodoma,con torri quadrangolari e grande porta a tenaglia nel settore sud-occidentale: venne impiantata all’inizio del III secolo a.C. al di sopra di un primo apparato difensivo risalente alla fondazione della città. Il settore della città rivolto verso mare venne invece fortificato solo fra l’età tardo imperiale romana e bizantina alle quali risale il rifacimento dell’intera cinta. In base al percorso delle mura l’estensione della città in età romana può stimarsi intorno ai 27 ettari. L’impianto urbano, il cui primo assetto, risalente con molta probabilità alla fondazione, sembrerebbe in base alle testimonianze archeologiche,e essersi conservato senza soluzione di continuità attraverso la pressoché intera età romana,presentava un tessuto regolare intelligentemente adattato alla particolare geomorfologia del sito ed alle curve di livello,con isolati (insulae) dell’ampiezza di circa 30 m. e della lunghezza di m.77-78, costituiti dall’incrocio ortogonale di tre principali arterie viarie(decumani) in direzione sud-est-nord-ovest, ciascuno della larghezza di otto metri, con una serie di strade trasversali di larghezza minore (cardines) in discesa,ciascuna ampia tre metri. La determinazione della rete viaria e della cadenza degli isola si deve alle esplorazioni sistematiche condotte unitamente a impegnativi interventi di restauro nel secondo dopoguerra, sino almeno agli anni 70,dalla Soprintendenza alle Antichità di Siracusa,sotto la direzione di L.Bernabò Brea e M. Cavalier, nel settore meridionale –dove fra l’altro è stata messa in luce l’insula IV, ed all’estremità sud-occidentale,in c/da Cercadenari, dove la Soprintendenza di Messina (Sezione ai Beni Archeologici) ha condotto nuove campagne di scavo nel 1993, nel 1996 e nel 1998. L’ampia fascia della zona archeologica demaniale attualmente aperta al pubblico comprende l’insula IV, delimitata a Sud e a Nord dai decumani meridionale e centrale, la cosiddetta Basilica e il teatro. L’insula IV, disposta lungo un pendio, è caratterizzata da un’articolazione degli edifici su terrazze; in quella inferiore si aprono sul decumano mediano, sei tabernae (botteghe) mentre sulle successive si sviluppano due case (la casa B, più ampia e ricca, e la soprastante casa C), entrambe con ambienti disposti attorno a un grande peristilio a colonne dai capitelli dorici in pietra. Il tablinum (sala di rappresentanza) della Casa C presentava un prospetto a due colonne con capitelli fittili in stile corinzio-italico. Entrambe le case, costruite nel I secolo a.C, su precedenti abitazioni di età timoleontea, sono state oggetto di ristrutturazioni e restauri nell’età imperiale,quando ai pavimenti decorati con tasselli di marmo colorato, in opus signinum (tesserine bianche su cocciopesto) e a mosaici policromi ne vennero sostituiti altri a mosaici figurati in bianco e nero. Nella parte superiore dell’insula venne realizzato in edifico termale pubblico a cortile colonnato, coi pavimenti dei vari ambienti decorati a pregevoli mosaici figurati in bianco e nero: il simbolo della Trinacria, un toro e i due pilei(elmetti) dei Dioscuri (protettori di Tindari), due pugilatori con indicazioni dei nomi (Verna e Afer), il dio Dioniso etc. Il decumano superiore conduceva verso sud-est all’Agorà (il foro di età romana), solo parzialmente esplorata, attraverso la cosiddetta Basilica, imponente propileo con grande galleria centrale voltata il cui spazio è suddiviso trasversalmente da nove archi: è inoltre fiancheggiata da due strade sormontate da archi “a cavalcavia”. I dati di scavo condurrebbero a datare non prima del IV secolo d.C. questo singolare complesso,che unisce la tecnica costruttiva a blocchi parallelepipedi di arenaria di tradizione ellenistica all’impiego nelle volte del calcestruzzo, peculiare della cultura architettonica romana. Nel settore ovest della zona archeologica attualmente attrezzata per la visita, a sud-ovest del decumano superiore, si dispone il teatro, realizzato verso la fine del IV secolo a.C ed ampiamente decorato in età imperiale romana quando fu destinato agli spettacoli circensi. La cavea è rivolta al mare: un tratto della scena, a “parasceni” è stato ricomposto e ricostruito in situ.
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