“Lo Sport sarà etico o non sarà più” Allenare i giovani ai comportamenti leali

DOMENICA 22 GENNAIO 2012
Dalla Rivista N° 3 Panathlo International

“Lo Sport sarà etico o non sarà più”
Allenare i giovani ai comportamenti leali

di Philippe Housiaux*

“Il 21° secolo vedrà la fine dello Sport così come l’abbiamo sem­pre conosciuto e amato?” Con questa domanda che esprime tutta la preoccupazione di un cultore dei valori dello sport, con un passa­to olimpico nell’atletica leggera e un Diploma d’Onore conferitogli quest’anno dal Comitato Internazionale per il Fair Play per l’azione di promozione innovativa fatta con la mostra
itinerante in Belgio “Spirito dello Sport” Philippe Housiaux, ha affrontato il tema dell’improrogabile impegno di tutte le forze per conservare e incrementare l’Etica spor­tiva. Lo ha fatto lo scorso giugno al Cercle de Wallonie, in una con­ferenza-dibattito. Ha iniziato citando le minacce che gravano sullo sport e puntando il dito soprattutto su coloro “dai quali ci si dovreb­be attendere che fossero le guide, i referenti, i visionari fautori di una società migliore, in ogni caso più equilibrata o, se ci è concesso sognare, più giusta”.
Cito due “perle” come il calcio e il ciclismo per esemplificare il tema della responsabilità dei dirigenti.
“Nello spettacolo desolante offerto dai due protagonisti in lizza per l’elezione alla carica di Presidente della FIFA, i Signori Bin Hamman e Sepp Blatter, i media hanno rivelato i metodi usati per corrompe­re, comprare, accattivarsi i favori dei votanti. Una triste dimostrazio­ne della dimensione delle derive etiche del potere nelle Federazioni”. L’esatto contrario del buon esempio. Quale credibilità e rispetto si può ricavare per i dirigenti di alto livello nel mondo del calcio? E “quale risposta dare ai ‘quadri’, allenatori, accompagnato­ri, genitori, istruttori alla disperata ricerca di progressi comporta­mentali positivi nei loro giovani se, in cima alla piramide, lo spettacolo assume la dimensione di orribili mercanteggiamenti “?
Il ciclismo, uno sport meraviglioso, pregno di sudore, sofferenza e di epica, soffre il problema del doping. Improvvido l’intervento di inizio estate del Presidente spagnolo Zapatero. A proposito della vicenda Contador, se ammetterlo o meno alla Grande Boucle di quest’anno, il capo del Governo spa­gnolo dichiarò “da noi il doping non esiste” indicando alla Federazione ciclistica iberica la via dell’assoluzione del suo corrido­re. L’UCI si è appellata contro la decisione dinanzi al TAS. Il danno di un simile intervento non riguarda solo l’indebita ingerenza, ma soprattutto l’ombra che getta su tutte le imprese di Contador, sulla sua credibilità e su quella di tutto questo sport.
L’Etica dovrebbe diventare la cintura di sicurezza dello sport. Per dare efficacia alla sua adozione occorre “agire d’urgenza ovunque e sempre”. Nella scuola deve essere svolta un’azione per incitare a “praticare sport e a nutrirsi in modo intelligente”. Il Panathlon è fra le organizzazioni che possono utilmente contribuire a diffondere una corretta educazione sportiva. Attraverso la formazione di inse­gnanti non specializzati in educazione motoria e sportiva. Attraverso la proposta ludica nella scuola elementare, nel rispetto delle carte panathletiche come la Carta dei diritti del ragazzo nello sport e la Carta del Fair Play. Attraverso workshop, conferenze e concorsi incentrati sui temi dei valori nella società e sul valore di cittadinanza responsabile, per i livelli di istruzione medi e superiori.
Fra le società sportive accanto agli insegnamenti e allenamenti tecnico-tattici dovrebbe entrare anche un “allenamento ai comportamenti corretti”, come sta avvenendo fra i circa 40 club dell’intesa bruxellese del calcio per gli U8 e U9.
Non può mai cessare l’azione sui tifosi, alla maniera dell’European Football SupportersAward. Nel 2005, la Città di Bruxelles ha creato, per iniziativa del Panathlon Club Wallonie-Bruxelles, sotto l’egi­da dell’UEFA, del CIO e del Panathlon International, un premio destinato a ricompensare i tifosi europei che avessero tentato di restituire al calcio il suo carattere festoso e conviviale, il Brussels International SupportersAward, diventato oggi l’European FootballSupporters Award. I vincitori sono stati finora tutti gruppi che si bat­tono contro il razzismo e l’intolleranza: gli spagnoli della Pena Multicolor, gli irlandesi del nord dell’Amalgation of Northern Ireland Supportare Clubs, che raggruppa tifosi cattolici e protestanti; o ancora i tifosi tedeschi per il loro comportamento in occasione della Coppa del Mondo 2006; la “scuola di giovani tifosi” della Sampdoria a Genova e l’Associazione dei Tifosi Disabili in Inghilterra – ricom­pensati dall’incarico di una missione permanente in seno all’UEFA per l’integrazione dei tifosi disabili negli stadi; l’ècole détonnante (la scuola risonante) dei “mèdia pitchounes” di Tolosa e oggi l’as­sociazione polacca“never again”, che opera contro tutte le forme di razzismo negli stadi e il cui riconoscimento di quest’anno le permetterà di diventare partner dell’organizzazione “Euro 2012” per tutto ciò che riguarda gli atteggiamenti positivi durante e attorno a ogni partita in Polonia e in Ucraina. Il programma “T12”, che ha visto unirsi istituzioni nazionali ed europee e associazioni come “Sport e cittadinanza” e Panathlon ha prodotto la Carta del tifoso, creando le basi per un crescente impegno da parte dei club. Le azioni nei confronti delle federazioni sportive e dei media per promuovere il Fair play e operazioni come quella di “Spirito dello Sport” per coinvolgere le città devono essere portate avanti con paziente determinazione. Una proposta che può avere portata mondiale è quella della crea­zione di una Agenzia mondiale per l’etica sportiva – potremmo chiamarla AMEs -, come risposta al pericolo di morte dello sport. Dovrebbe essere un’agenzia indipendente, capace di porsi come riferimento per quanti operano e guidano lo sport al fine di perse­guire i valori positivi dello sport e della vita.

* Presidente del Panathlon Club Wallonie-Bruxelles