LE OLIMPIADI MODERNE 4a PARTE

LUNEDÌ 16 APRILE 1984
da “Il Veterano Sportivo” Aprile 1984

LE OLIMPIADI MODERNE 4a PARTE

Il barone Pierre de Coubertin.

La Calligaris vince da sola due medaglie di bronzo e una d’argento nei 400 stile libero dietro alla mitica Gould. Mai accaduto niente di simile nella storia del nuoto azzurro!
Usciamo da Monaco con 5 medaglie d’oro, 3 d’argento e 10 di bronzo. Non è un grande bottino ma è andata meglio di quattro anni prima, specie se si tiene conto che le Olimpiadi sono un avvenimento assurto a livelli universali e conquistarvi una medaglia è diventato sempre più difficile.
Si va a Montreal dove si svolgerà la XXI edizione e in cui si avrà occasione di ammirare altre grandi innovazioni tecnologiche applicate allo sport. Ormai le olimpiadi oltre che un fatto umano, sono anche l’espressione dei progressi registrati dall’uomo nel campo delle scienze.
Certo, come avvenimento hanno or­mai perduto il loro significato sacrale. Molti degli atleti sono tutt’altro che dilettanti e il sacro fuoco di Olimpia non ha più l’antico potere di far cessare come d’incanto, durante lo svolgimento dei Giochi, ogni guerra o rivoluzione. Ma è pur sempre uno spettacolo stupendo ve­dere riuniti in un sol punto tanta gente venuta da ogni angolo della terra.
Sono le 15 del 17 luglio 1976. La regina Elisabetta, con il suo abito color gelato di fragola, il cappello in tinta a grappoli di campanule, saluta dalla tribuna d’onore il passaggio delle 94 bandiere dei paesi partecipanti alla XXI olimpiade.
Dovrà restare in piedi per un’ora e ven­tidue minuti ma avrà il piacere e l’orgo­glio di veder sfilare anche la figlia Anna.
Mancano all’appello 30 paesi. Si tratta di Taiwan, che si è rifiutata di partecipare ai Giochi come Repubblica di Cina, ed altri 29 (la Guyana, l’Irak e 27 paesi afri­cani) che hanno rinunciato per la presen­za della Nuova Zelanda accusata di intrattenere rapporti sportivi con il Sud Africa, paese razzista.
Il discorso inaugurale viene pronuncia­to da Elisabetta in lingua francese ed inglese. Tra i due gruppi etnici c’è molta tensione, in quel periodo. Ma l’accensio­ne del tripode olimpico viene effettuata contemporaneamente da una ragazza ap­partenente al ramo anglofono, Sandra Henderson, ed un ragazzo, Stephane,Prefontaine, del gruppo francofono. È un avvenimento inconsueto ma di impor­tanza storica perché inteso a simboleggia­re l’unione e la fratellanza dei due gruppi etnici che in nome dell’olimpiade si im­pegnano a dimenticare ogni rivalità.
La maggior parte delle gare si svolgono nel grande Parco olimpico che compren­de anche la piscina ed il velodromo. Lo stadio può contenere 70.000 spettatori e la disposizione delle gradinate e dei posti garantisce una eccellente visibilità da ogni angolo.
Un gigantesco pilone sostiene i sospen­sori del tetto mobile in tela che potrà essere aperto o chiuso secondo le condi­zioni climatiche.
La costruzione è opera dell’architetto Taillebert e, osservata da lontano, somi­glia ad un grande scafo ellittico con la vela al vento.
Alfiere italiano è il glorioso Klaus Dibiasi, campione olimpico di tuffi dalla piattaforma in Messico e a Monaco, medaglia d’argento della piattaforma a Tokio e del trampolino a Messico. È indubbiamente il più grande tuffatore di tutti i tempi e lo confermerà anche in questa olimpiade, vincendo, malgrado dei forti dolori al piede ed al gomito che lo afflig­geranno durante le gare. Si tratta della terza medaglia d’oro nei tuffi, impresa mai riuscita a nessuno.
Nelle gare di atletica predomina il nero. Vincono i neri Crawford nei 100, Quarrie nei 200, Juantorena nei 400 e 800, Moses negli ostacoli bassi, Robinson nel lungo e gli otto staffettisti della 4×100 e della 4×400, neri anch’essi.
La ginnastica femminile ha una nuova regina. E una piccola quattordicenne rumena, Nadia Comaneci, che eleva la ginnastica ad arte tanto da ottenere per sette volte il punteggio di 10. Siamo alla perfe­zione assoluta. Altra grande protagonista dei giochi è Kornelia Ender, indiscussa dominatrice del nuoto, con i suoi record, la sua prestazione storica (la tedesca dell’est ottiene due medaglie d’oro nei 100 farfalla e nei 200 stile libero nello spazio di ventisei minuti) e le sue cinque medaglie di cui quattro d’oro.
Grande anche Irena Szewinska che vince i 400 m. con un favoloso 49″29 conquistando la sua settima medaglia d’oro in dodici anni di attività olimpica in cui ha trovato anche il tempo di met­tere al mondo due marmocchi.
Tra gli uomini, Jim Montgomery in­frange il muro dei 50″ nei 100 stile libero, cinquantaquattro anni dopo che il Tarzan dello schermo, Johnny Weissmuller, aveva abbattuto quello del minuto. Grande è anche John Naber che conqui­sta quattro medaglie d’oro più una d’argento nel nuoto dove è il primo uomo a scendere sotto i due minuti nei 200 metri dorso.
Nel nuoto femminile dominano netta­mente le atlete della Germania Est che conquistano tutte le medaglie, salvo due: quella della russa Marina Koshevaia nei 200 dorso e quella della 4x 100 stile libero c0nquistata dalle americane. E una specie di Yalta del nuoto. Tutti i titoli maschili, tranne quello del britannico David Wilkie (tra l’altro nativo di Miami!) nella rana, agli americani e quelli delle donne, come visto, quasi tutti all’Est. Nel nuoto si registra una vera e propria orgia di record mondiali. Ne vengono abbattuti ventisei ed eguagliati due.
In atletica le più grandi imprese sono indubbiamente quelle di Juantorena che, vincendo sia nei 400 che negli 800 metri, diviene, campione olimpico in queste due specialità. L’impresa del cubano ap­pare ancora più notevole se si tiene conto che prima di Montreal aveva corso gli 800 solo tre volte.
Storica è anche l’impresa del francese Gay Drut che è il primo europeo a vince­re una gara dei 110 ostacoli. La vittoria del francese viene ad interrompere il lun­go predominio americano nella speciali­tà, infranto solo prima d’allora, dal cana­dese Thompson nel 1920 e dall’africano Atkinson nel 1928.
Un americano di 26 anni, Bruce Jenner, conquista il titolo ed il record del decathlon, mentre il finlandese Lasse Viren scrive una pagina immortale nel gran libro delle olimpiadi, vincendo nuovamente i 5000 e 10000 metri come già aveva fatto a Monaco e trovando anche il tempo di piazzarsi quinto nella maratona! E un fenomeno di continuità vittoriosa come la Szewinska, mirabile rappresentante di quattro generazioni olimpiche, come il nostro Klaus Dibiasi che vince a Tokio, Messico, Monaco e Montreal e come Saneyev che, rivincendo nel triplo  conquista praticamente tre allori olimpici in otto anni.
L’atletica americana esce sconfitta dai Giochi. Gli Usa hanno perduto tutte le corse individuali ad eccezione dei 400 ostacoli. Hanno vinto il lungo, il disco, il decathlon e le due staffette ma i loro recordman mondiali Stones e Roberts hanno perso l’alto e l’asta.
Sei. medaglie d’oro nell’atletica ma­schile, come a Monaco, sono il magro bottino degli USA che scontano in questo modo i loro assurdi sistemi di selezione.
I Giochi si chiudono con nessuna me­daglia d’oro per il Canada, un paese dove lo sport si svolge ad un reale livello dilet­tantistico, il paese organizzatore deve contentarsi di un secondo posto nell’alto con Greg Joy e di alcune medaglie con­quistate nel nuoto, nell’equitazione con Michel Vaillancourt e nella canoa con Wood.
L’Italia chiude con un magro bilancio: due medaglie d’oro, sette d’argento e quattro di bronzo. Potremmo definirla una partecipazione di una argentea me­diocrità, visto la qualità delle sette meda­glie. L’oro viene da Dibiasi, come già det­to, e da Dal Zotto nel fioretto. La scherma è lo sport in cui mietiamo più allori per­ché riusciamo a cogliervi anche tre secon­di posti grazie alla squadra di fioretto e sciabola maschile e a Maria Collino nel fioretto individuale femminile.
Gli altri vice campioni sono Cagnotto nel trampolino di tre metri, la squadra di pallanuoto, il ciclista su strada Giuseppe, Martinelli, la sorprendente Sara Simeoni, seconda con 1,91 ottenuto al primo tentativo, dietro la tedesca est Ackerrnann.
Le medaglie di bronzo le otteniamo invece nel tiro con l’arco con Giancarlo Ferrari, Mariani nello judo, Baldi nel tiro al piattello e Roberto Ferraris nella pisto­la automatica.
Ci mancano le medaglie di Mennea che non riesce ad andare oltre il 4° posto nei 200 metri e quella di Perri nella canoa, che davamo per scontata. Avevamo fatto un pensierino anche a quelle di Mancinelli e D’Inzeo nella equitazione.
In compenso, se questo può consolarci, cogliamo inaspettati successi nell’arco e nel judo, due sport in cui non credevamo di esistere. Anche il 6° posto nell’alto di Bergamo ci giunge come un regalo inaspettato.
Cala così il sipario su questi XXI Gio­chi, svoltisi all’insegna delle contestazio­ni e delle accuse agli atleti (soprattutto alle atlete dell’Est) di uso ed abuso di anabolizzanti. Si chiudono con uno spet­tacolo insolito. Un canadese, Michel Leduc, entra inaspettatamente in campo durante la cerimonia di chiusura ed im­provvisa uno streaking mettendosi a bal­lare tutto nudo in mezzo alle vestali olimpiche. Un ritorno all’antico? Può darsi. Ma i poliziotti canadesi, poco edotti delle tradizioni dell’antica Grecia, portano via in malo modo lo sfortunato naturista.

Angelo Ciofi