LE OLIMPIADI MODERNE 1a PARTE

LUNEDÌ 8 AGOSTO 1983
da “Il Veterano Sportivo” Luglio – Agosto 1983

LE OLIMPIADI MODERNE 1a PARTE

Il barone Pierre de Coubertin.

Quindici lunghi secoli dovevano passare perché il sacro fuoco di Olimpia tornasse ad ardere negli stadi.
Con la scelta di Atene quale sede dei primi Giochi Olimpici si voleva onorare il paese in cui l’idea olimpica era nata: la Grecia.
Nel Paese fu indetta una sottoscrizione popolare, che, unitamente al ricavato della vendita di una fortunata serie di francobolli commemorativi, servì a procurare le ingenti somme necessarie per l’organizzazione della manifestazione. Giorgio Averoff, un ricco commerciante greco residente in Egitto, offrì un milione di dracme (circa un miliardo di oggi) per la costruzione dello stadio che venne realizzato con le stesse dimensioni dell’antico stadio di Olimpia e capace di accogliere ben 70.000 spettatori.
Il 6 aprile 1896, sotto una pioggia battente, di fronte a una folla entusiasta, re Giorgio pronuncia la formula di rito: «Dichiaro aperti i primi Giochi Olimpici di Atene».
Sono i giorni della Pasqua ed il significato della Resurrezione insito nel­la festa è ben in carattere con il risorto ideale olimpico.
A causa degli elevati costi dei viaggi di allora, solo tredici paesi parteci­pano a questa edizione dei Giochi: manca anche l’Italia il cui unico concorrente, il tipografo milanese Carlo Airoldi, giunto a piedi da Milano attraverso la Jugoslavia e l’Albania in un viaggio di 1500 chilometri, non viene ammesso a partecipare alla gare di maratona perché si scopre che in una precedente gara aveva percepito un premio di due lire; !! Allora per queste cose non si scherzava.
I risultati sono piuttosto modesti. Burke vince i 100 metri in 12″ ed a Clark sono sufficienti m. 1,81 per vincere il salto in alto. Il vincitore dei cento metri stile libero di nuoto impiega ben 1 minuto e 22 secondi! La squadra americana, composta di baldi ragazzoni allevati sui campi e sulle piste dei colleges di quella già florida nazione mietono allori specie nell’atletica leggera, ma anche la piccola Grecia si batte con onore come nella gara della maratona di ciclismo lunga 87 km., il cui vincitore, Konstantinidis, avendo rotto la bicicletta afferra quella di uno spettatore e dopo aver raggiunto i fuggitivi se ne va a vincere tutto solo distanziando il secondo arrivato, il tedesco Goedrich, di ben venti minuti!
La vittoria che però più esalta i Gre­ci è quella del compatriota Spiridon Luis nella leggendaria maratona.
Questa gara che, contrariamente a quanto si pensa era sconosciuta agli antichi Greci, è inclusa nel programma dei Giochi a ricordo della impresa del soldato Filippide che, per portare la notizia della vittoria greca a Maratona, avrebbe percorso correndo circa 40 chilometri.
E’ la prova che più sta a cuore ai Greci che danno vita a una grande manifestazione di entusiasmo allorché vedono entrare solitario nello stadio il giovane pastore che nel finale del­la gara aveva effettuato una eccezionale rimonta. L’ingresso è salutato da un colpo di cannone mentre la folla è in delirio: le donne si tolgono i gioielli e li gettano ai piedi del vincitore mentre questi compie gli ultimi me­tri del percorso. Il principe ereditario ed il principe Giorgio, scendono dalla tribuna ed accompagnano, affiancandolo, il vincitore fin sul traguardo mentre re Giorgio, dimentico delle regole dell’etichetta, si toglie il cappello da marinaio e lo agita freneticamente in segno dì giubilo.
A Spiridon Luis vengono tributati onori regali. I Greci residenti in Inghilterra indicono una sottoscrizione con il cui ricavato acquistano un terreno che regalano a Luis con l’impegno che questo lo chiami «Campo di Maratona». Un barbiere si impegna a raderlo per tutta la vita. Hitler, nel 1936, lo vorrà con sé nel palco d’ono­re nell’edizione berlinese dei Giochi.
Gli viene inoltre attribuita la qualifica di eponimo, che ad imitazione di quanto avveniva nelle antiche olimpiadi  sta a significare il migliore tra i vincitori di una olimpiade.
Respinta la proposta dei Greci di organizzare ad Atene tutte le future edizioni delle Olimpiadi, i Giochi del 1900 vengono assegnati a Parigi: si intende così onorare il paese che tanta parte aveva avuto nella loro rinascita. Inoltre, poiché nella capitale francese si sarebbe tenuta proprio in quell’anno la grande Esposizione Universale, essi avrebbero dovuto rientrare nel quadro di quelle celebrazioni.
Questo abbinamento si rivela un gravissimo errore perché i Giochi si abbassano al rango di esibizioni da baraccone: vengono effettuate delle strane gare come la corsa di 60 metri sott’acqua o i 200 metri di nuoto ad ostacoli; le gare di atletica si svolgono al Bois de Boulogne su una pista per cavalli e non poche volte il disco finisce sui rami degli alberi circostanti  quelle di nuoto vengono effettuate in uno stabilimento della Senna con la corrente a favore, ed i concorrenti si slanciano da una rudimentale passerella posta ben due metri al disopra del pelo dell’acqua.
In tali condizioni è naturale che gli spettatori siano pochissimi: alle gare di atletica non superano mai i duemila contro i centomila di Atene.
I Giochi durano cinque lunghi mesi. Vi esordiscono per la prima volta le donne. La prima donna olimpionica della storia è l’inglese Cooper che si aggiudica la gara di singolo nel tennis.
Malgrado il carattere di sagra paesana non mancano i buoni risultati tecnici. Nell’alto si vince con m. 1,90, si passano i 7 metri nel salto in lun­go, mentre il vincitore dei 100 metri piani, l’americano Jarvis, taglia primo il traguardo in 10″8 contro i 12″ del vincitore di Atene. Partecipano per la prima volta due italiani sebbene in una gara non ufficiale: il conte Trissino primo ex-aequo nel salto in alto a cavallo (!) con m. 1,85 ed un certo Conte, (solo di nome) nella sciabola.
Eponimo dei Giochi viene designato l’americano Alvin Kraenzlein che vince quattro titoli: 60 metri piani, salto in lungo e metri 100 e 200 ad ostacoli. Kraenzlein, un potente atleta alto m. 1,83, è il primo ad adottare il passaggio sull’ostacolo a gamba tesa.
In considerazione della massiccia partecipazione degli americani alle due precedenti edizioni e delle loro vittorie, i Giochi del 1904 vengono assegnati agli Stati Uniti: si svolgeranno a St. Louis dove in quell’anno si terrà una grandiosa Esposizione Mondiale  A causa dell’enorme distanza e delle ingenti spese di viaggio occorrenti a quel tempo, la partecipazione è piuttosto scarsa, dalle venti nazioni di Parigi si passa ad otto.
Anche in questa edizione si ricade nell’errore della precedente. I giochi hanno una durata lunghissima (dal 1° luglio al 29 ottobre) e vi si svolgono gare che poco o nulla hanno a che fare con lo sport come le «gare per anziani» riservate ad uomini di età superiore ai 33 anni e agli «Anthropology Days » in cui si cimentano pellirosse  patagoni, africani ed altri ancora  Un pigmeo vince la gara del peso, tra l’ilarità dei presenti, raggiungendo la ragguardevole misura di tre metri. Naturalmente gli americani fanno man bassa di vittorie come nel caso di Ray Ewry che vince nuovamente il salto in alto, il lungo e triplo da fermo (queste gare successivamente non figureranno più nei programmi olimpici . Il greco Lakusis vince il sollevamento pesi ad un braccio mentre i cubani spadroneggiano nella scherma. Non vengono disputate gare di ciclismo e di tiro a segno che gli americani non considerano sport e fanno invece il loro definitivo ingresso nell’agone olimpico il pugilato, la pallacanestro e la lotta libera.– Il golf viene disputato per l’ultima volta.
La Maratona ha dei risvolti comici come nell’episodio del cubano Felix Caravajal presentatosi alla partenza in camicia da notte e stivale ed in quello più famoso dell’americano Fred Lorz: giunge primo al traguardo tutto fresco ed azzimato, la figlia del Presidente Roosevelt, Alice, lo premia e lo abbraccia; intanto fa il suo ingresso nello stadio il secondo concorrente  Thomas Hicks, sfinito e barcollante e subito si crea un certo imbarazzo tra i presenti. Poco dopo si accerta che Lorz aveva percorso quasi tutto il tragitto comodamente seduto su un’automobile; e stavolta de­ve correre davvero col migliore impegno per evitare un linciaggio!
Le Olimpiadi del 1908 in un primo tempo vengono assegnate all’Italia ma i continui ripensamenti del governo italiano originati soprattutto da motivi di ordine economico inducono il CIO ad assegnarle definitivamente a Londra.
Gli inglesi, da buoni sportivi, accolgono con entusiasmo la designazione e costruiscono alla periferia di Londra un immenso stadio dotato dei più moderni impianti: White City.
L’Italia partecipa per la prima vol­ta e si presenta con 60 atleti: conquista due medaglie d’oro. La prima della sua storia olimpica è di Enrico Por­ro, un meccanico milanese, che vince nella lotta greco-romana. L’altra è di Alberto Braglia nella ginnastica. Braglia, che viene tutt’ora considerato il più grande ginnasta di tutti i tempi, è così perfetto nei suoi volteggi che i giudici accanto ai suoi punteggi scrivono anche «perfetto!», « meraviglioso!», «stupendo!».

908 . Dorando Pietri taglia il traguardo « esausto ».

Le Olimpiadi di Londra hanno per noi un nome: Dorando Pietri. Questo umile garzone di panettiere, venuto a Londra con scarse speranze di vittoria  dopo una grande rimonta si pre­senta solo allo stadio ma, a pochi metri dal traguardo, cade esausto. Sì rial­za, procede ancora qualche metro barcollando e ricade. La folla lo incita ed un giudice, il megafonista, non sa resistere e lo sorregge. Pietri, taglia il traguardo ma viene squalificato. Il mondo intero si commuove al dramma del piccolo fornaretto italiano. La regina Alessandra gli regala una coppa colma di monete d’oro e Sir Ar­thur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, lancia una sottoscrizione a suo favore.
Con quest’ultima commovente impresa, l’idea olimpica guadagna molte posizioni. Le brutte edizioni di Parigi e di St. Louis non sono ormai che un pallido ricordo. Se lo sport è lotta e sacrificio. Dorando Pietri ne è stato la perfetta incarnazione. Si va quindi alla nuova edizione di Stoccolma pieni di entusiasmo.
Gli svedesi, provvedono ad una buona organizzazione. In atletica introducono persino delle innovazioni tecniche che poi rimarranno per sempre come la gabbia per il lancio del martello  le corsie sulla pista (prima di allora erano adottati dei picchetti) ed il colore bianco e nero per l’asticella del salto in alto. Inoltre, seppure ancora non perfezionato, inventano il fotofinish ed il cronometraggio elettrico.
Il nuoto scopre il crawl. Nei 100 stile libero Duke Kahanamoku, un principe hawaiano di affascinante bellezza  vince la gara nuotando per quasi tutto il tempo sott’acqua.
Nelle gare di pentathlon e decathlon gareggiano l’americano Avery Brundage, il futuro presidente del CIO, e George Patton destinato a divenire più tardi famoso per meriti tutt’altro che sportivi. Il vincitore di queste due gare è il grande protagonista e l’indiscusso eponimo di questi Giochi  Il suo nome è Jim Thorpe. E’ un pellerossa della grande famiglia de­gli Algonquin ed il suo vero nome è Wa-Tho-Huck (Sentiero Lucente). E’ un atleta completo, capace di saltare più di sette metri nel salto in lungo e m. 1.95 nell’alto. Re Gustavo lo definirà il più grande atleta mai visto. Era eccellente anche nel foot-ball americano e nel baseball. E fu proprio per aver percepito compensi in alcune partite di quest’ultimo sport che Thorpe viene squalificato e gli vengono tolte le medaglie e le coppe vinte  Fu un grave colpo dal quale non si riprenderà più col morale distrutto, si dette all’alcool che ne favorì l’immatura fine.
Le Olimpiadi del 1916 dovevano svolgersi in Germania ma la seconda guerra mondiale chiamò gli atleti e le genti tutte a ben diversi cimenti.

Ciofì