La Sicilia e il calcio, un amore a prima vista

DA VECCHIO SITO

La Sicilia e il calcio, un amore a prima vista

26-11-2012 di Gaetano Sconso

GAETANO SCONSO

La Sicilia e il calcio, un amore a prima vista ma di rigoroso stile inglese, una sorta di grande passione naturale nata sulle banchine dei porti mercantili principali dell´isola sul finire del diciannovesimo secolo, subito dopo l´approdo delle navi del Regno Unito che scaricavano legname ed altri prodotti, per fare il pieno di grano, vino, olio ed altri prodotti alimentari isolani. Gli equipaggi, non appena sulla terraferma, puntualmente tracciavano un rettangolo, piazzavano i quattro pali delle porte (traversa rigorosamente di corda), si dividevano in due schiere e… via con partitelle di questo sport che affascinò subito centurie di curiosi a Palermo come a Messina e Catania. Il virus dilagò presto fra i giovani locali, si allestirono squadre e minitornei. Era uno dei tanti elementi di spicco che caratterizzarono la ventata post-borbonica, ispirata a sentimenti di rinascita e libertà.

Fu così che la Sicilia poté ascriversi particolari primati specifici onore e vanto dell´acume e della imprenditorialità dei suoi abitanti, allora comunque troppo lontani dal ´Nord´ industriale, da quel ´Continente´ che ovviamente emergeva, strappando idee e benessere ad austriaci, francesi, tedeschi e così via. Dunque la gloria, forse casuale, di avere dato natali palermitani, nel 1907, alla prima vera ´voce´ calcistica dell´Eiar-Rai, il mitico Nicolò Carosio. Dunque la prima partita trasmessa in diretta telefonica dalla Villa Sperlinga di Palermo a casa Bruschini (abbonato numero 358) di Napoli, nel 1909. Dunque il prestigio di avere dato i natali a Francesco Paolo ´Franz´ Calì, da Riposto in provincia di Catania, nel 1910 primo capitano della Nazionale e successivamente più volte componente della commissione tecnica azzurra. Dunque l´imprimatur del primo filmato-moviola di una partita, realizzato con una antesignana cinepresa ed ideato – con notevoli consensi di pubblico – dai proprietari del cineteatro palermitano Lucarelli, nel 1913. Per non dire che la Sicilia, per l´esattezza Francofonte in provincia di Siracusa, avrebbe presto partorito anche quello studente del Politecnico, Giovanni Glorioso, poi testimone chiave ed accusatore determinante nel giallo Juventus-Torino che avrebbe portato alla revoca dello scudetto granata del 1927 (quando della somma pattuita di 50.000 lire fra un dirigente torinista ed il bianconero Allemandi, ´stranamente´ – giallo nel giallo di quella antesignana Calciopoli – se ne persero per strada 25.000!).

A mettere in moto quel fenomeno chiamato calcio siciliano, dunque gli equipaggi delle navi del Regno Unito. Primo team in lizza l´Anglo Panormitan Cricket and Football Club, allestito nell´ultimo decennio del 1800 ma ufficializzato con atto notorio il 1° novembre 1900. Primo vero evento di spicco nel 1907 il match fra il Palermo Sporting Club e la rappresentativa dell´equipaggio del ´Victoria and Albert´, vinto dai padroni di casa alla presenza illustre, diremmo eccelsa, del re Eduardo VIII, in visita di cortesia; prime competizioni ufficiali, assimilate nell´albo d´oro della Figc quali campionati siciliani o meridionali di esordio, la Coppa Whitaker challenge, istituita nel 1905 dal console inglese Joe Whitaker ed andata avanti fino al 1913, quindi il Lipton Challenge Trophy, fra il 1909 ed appunto il ´13, anno dello stop a molte attività ludiche per l´ormai imminente scoppio della prima Guerra mondiale.

La Coppa Whitaker, in pratica, un´astuta intuizione del console inglese Joe Whitaker e della moglie Euphrosyne, donna bellissima, particolarmente amante del gioco del calcio. A sorpresa, la prima edizione nel 1905 vide svettare la Messinese, vincitrice a Palermo per 3-2: Bianca Zanna Majo Pagano, moglie del presidente del Palermo, consegnò il trofeo a un particolare capitano dei peloritani, il reverendo anglicano Hullett; l´imprevista conclusione del match unico – i padroni di casa avevano cantato vittoria anzitempo – comunque annegò nel particolarmente etereo clima della cena ufficiale, in pompa magna, nei saloni principeschi del ristorante dell´hotel Savoy, in via Cavour.

Il Lipton Trophy, presto definito ´Gran campionato meridionale di football´, prese le mosse casualmente nel 1907. Mister George Blake, gestore del Sailo´r Rest luogo di incontro, ristoro e svago per i marinai inglesi con il patrocinio del console del Regno Unito, ma principalmente primo jolly (nei casi di emergenza giocava anche da portiere, lui che sapeva occupare tutti i ruoli), accortosi che in porto s´era attraccato l´Erin di mister Thomas Lipton disponendo di una buona squadra di calcio, si fece ricevere dal magnate del the, lanciando un bonario guanto di sfida. Lipton non esitò ad aderire, abituato com´era a corpose vittorie in tutti i porti. Fu invece una roboante goleada del Palermo, 6-0. Blake signorilmente propose la rivincita nel giorno successivo. Venne un nuovo successo, più contenuto (3-1) dei padroni di casa, per cui il conto sembrava chiuso. Ma a sorpresa il magnate del the tirò fuori dalla propria cabina un elegante trofeo, disegnato e realizzato a Trieste dall´artista Marcello Dodovich, dandolo in consegna al Palermo: “Lo rimetteremo in palio – disse – ogni qualvolta torneremo qui, rinnovando la sfida anche per cementare i nostri rapporti di stima e simpatia”.

VINCENZO FLORIO

In quel 1907 il cavaliere Vincenzo Florio varò il Giro ciclistico di Sicilia per professionisti, prima corsa a tappe d´Italia, creata ad immagine e somiglianza del Tour de France, che già il mecenate palermitano d´adozione aveva voluto studiare dal vivo. Non a caso, quando il Corriere della Sera (seppur bruciato poi in volata dalla Gazzetta dello Sport) volle ideare il Giro d´Italia, si rivolse a don Vincenzo Florio per una necessaria consulenza. Poco importa se gli eredi di due concorrenti palermitani, Ernesto Barraja (sesto) ed Arturo Fabrizzi (ottavo) tuttora conservino il sospetto che le 20 lire spettate a quei due concorrenti del Giro dell´isola non corrispondessero al montepremi pattuito prima del via.

Era l´epoca in cui a Catania si dedicava un monumento a Giuseppe Calcagno, detta ´Pippa ´a cannunera´, la postina che nel 1860 non aveva esitato a balzare su un cannone, sparando ad alzo zero contro le forze borboniche, durante l´insurrezione della città etnea. In cui s´era scoperto che l´appena istituito collegamento navale fra Palermo e Napoli, era vettura di peste e topi; il rimedio più efficace contro i ratti fu così escogitato: il piroscafo in arrivo veniva fermato in rada, per farlo ispezionare da parte di decine di gatti affamati! Messina e Villa San Giovanni venivano unite dal ferry boat e dal telegrafo senza fili. A Lentini, tale Salvatore Nigido finiva in manicomio perché… aveva presentato ai vigili urbani un a istanza perché intervenissero presso il re Vittorio Emanuele III affinchè questi convincesse la bella amata a cedere alle proprie profferte… Messina era distrutta dal terremoto. A Palermo rimaneva ucciso misteriosamente il detective americano Joe Petrosino. La Sicilia contava sette province (assenti Enna, allora Castrogiovanni, e Ragusa, in quel tempo annessa a Siracusa). I giovani cantavano ´Ciriciribin che bel nasin, che bel dentin, che bel bocchin…´, la napoletana Olimpia D´Avigny inneggiava a sé stessa sui ritmi di ´Chi me piglia per frangesa…´:

Iniziò così la favola del calcio siciliano e – come detto – quello della ´maglia rosa´ (su due ruote), ma anche quella della divisa rosanero del Palermo: quella originaria era rossoblu a spicchi come gli inglesi del Porthsmout. C´è chi dice che quei colori scolorissero in lavanderia; la versione ufficiale è che ci si ispirò più prosaicamente al vino rosella ed a quello nero (d´Avola)!