LUNEDÌ 11 LUGLIO 2011
DA “il Veterano dello Sport” Luglio 2011
Giro d’Italia Il rischio di convivere con il DOPING
» Gianfranco Guazzone
Si è concluso il Giro d’Italia e parrebbe essersi registrata un’apoteosi di sport e passione.
Tantissimi tifosi, anche se qualche volta invasivi e invasati, platealmente fini a se stessi e ad una partecipazione artificiosa. Una vittoria di un campione conclamato, invitato per vincere con un percorso condiviso adatto alle sue caratteristiche. Perfino l’aspetto duro e drammatico di questa disciplina, che in alcune circostanze sconfina nello sport estremo, è emerso contribuendo a definirne i contorni forti e le aspettative adrenaliniche. E questo con il massimo rispetto e il dovuto dolore per la tragedia verificatasi.
L’uso del condizionale va però spiegato e non possiamo sottrarci ad alcune considerazioni a margine dell’evento. A partire da un duro commento udito alla tv di Stato, secondo me di cattivo gusto, sulla vittoria del campione spagnolo nella cronoscalata che ha praticamente sancito la sua superiorità e ha posto una seria ipoteca sul trionfo finale. Più o meno il senso dell’intervento era questo: sta vincendo un corridore discusso che subito dopo il Giro potrebbe essere squalificato per doping per fatti precedenti e ciò falserebbe la corsa e ancora una volta svilirebbe un successo a danno di tutto il ciclismo. A seguire si rintuzzava la nostra memoria con quanto successe a Merckx, a Pantani, ecc. ecc. Perché sostengo che le affermazioni siano discutibili ancorché, forse, vere? Perché lo si è detto in ritardo per non dispiacere l’ambiente e il carrozzone del Giro, perché lo si è detto mentre i nostri perdevano irrimediabilmente, perché non è stato usato il dovuto riguardo all’atleta ospite e alla sua tifoseria spagnola che certamente avrà ironizzato sulla italica incapacità di saper perdere. Ma anche perché non si è fatto un buon servizio allo sport del ciclismo e si è rischiato di mandare in frantumi la passione dei seguaci e quel po’ di credibilità che ancora sussisteva. Non si invoca né l’omertà né il silenzio complice! Se del problema si deve discutere è bene farlo e in fretta. Discutibile è il come e il quando è avvenuto. E poi soprattutto è stato sgradevole l’approccio e devastante il messaggio per chi come me, amando il ciclismo e magari illudendosi, cercava di appassionarsi ad una competizione che desiderava vera, ad un evento nativo esaltante.
Discuterne presto, dicevo, al limite anche accettando quelle provocazioni che fecero tanto rumore lo scorso anno. Ammesso che si sia ancora in tempo e si vogliano veramente trovare dei rimedi, evitando di collassare il sistema e di dare per scontato l’inevitabile: l’atleta in quanto desideroso di anteporre ricchezza e gloria, anche se effimera e di breve durata, il tifoso (non lo sportivo) perché attraverso l’assuefazione perviene all’accettazione della simulazione: conta la vittoria e non come si vince, purché l’idolo, il proprio simulacro di atleta, trionfi e lo coinvolga emotivamente nel successo! E questo indipendentemente dalla difesa d’ufficio, anche condivisibile, dell’ambiente delle due ruote che denuncia il persistere di un accanimento particolare rispetto ad altri sport, ribellandoci energicamente all’analogia vittoria-doping evidenziata dalle ultime e recenti clamorose squalifiche di corridori appena affermatisi e ingigantita da qualche velata insinuazione di quei campioni che stentano a tenere il passo. Senza contare quel mormorio allarmante che ti fa intuire che senza l’aiuto della medicina non si tengono le ruote del gruppo.
La vittoria finale è andata ad Alberto Contador che ha coperto il percorso alla media di 38,804 km/h. Il corridore iberico, che annovera nel suo palmarés anche una Vuelta a Espana e tre Tour de France, ottiene successi nella tappa con arrivo sull’Etna e nella cronoscalata del Nevegal, oltre a numerosi piazzamenti che gli hanno consentito di aggiudicarsi pure la classifica a punti. Michele Scarponi è il secondo classificato della generale, distaccato di 6′ 10″, mentre Vincenzo Nibali conclude con 6’56” di ritardo. Il sesto classificato, il ceco Roman Kreuziger, è invece il primo tra gli under 25; l’esperto Stefano Garzelli indossa la maglia verde del miglior scalatore.
II Giro 2011 sarà tristemente ricordato per la morte in corsa di Wouter Weylandt, velocista della Leopard-Trek, in seguito alla caduta lungo la discesa del Passo del Bocco nel corso della terza tappa. Il drammatico evento porterà alla neutralizzazione della tappa successiva, con il gruppo giunto compatto a Livorno a scortare i compagni di squadra del belga.
Si è inoltre verificato un inconveniente con l’inno nazionale spagnolo durante la cerimonia di premiazione finale di Alberto Contador: non è stata suonata infatti l’odierna Marcha Real, ma una versione non ufficiale usata durante i primi anni del Franchismo.
IN PILLOLE
Data 7 maggio – 29 maggio
Partenza Torino
Arrivo Milano
3.479 km, 21 tappe
Valida per
UCI World Tour 2011
CLASSIFICA FINALE
Primo
Alberto Contador
Secondo
Michele Scarponi
Terzo
Vincenzo Nibali
CLASSIFICHE MINORI
Punti
Alberto Contador
Montagna
Stefano Garzelli
Giovani
Roman Kreuziger
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