Edoardo, vita da primo della classe

SABATO 26 MAGGIO 2012
IL RICORDO Edoardo, vita da primo della classe-
Da LA GAZZETTA DELLO SPORT 26 Maggio 2012

di Aronne Anghileri

Edoardo, vita da primo della classe

EDOARDO MANGIAROTTI

Una vita da primo della classe, il più laureato in Italia fra i conquistatori di medaglie olimpiche e mondiali, uno dei primi al mondo. Suo padre Giuseppe, divenuto spadista per scommessa, quarto a squadre a Londra 1908, poi istruttore, con preveggenza l’aveva impostato da mancino, avviandolo alla spada. Il ragazzo lo ripagò.

Alle Olimpiadi vinse 13 medaglie, ma nessun titolo individuale nel fioretto. Fatto che forse non ha aiutato i suoi rapporti con il compagno di squadra Renzo Nostini, che campione del mondo di fioretto lo è stato, nel 1950. Due caratteri simili, che tornarono a salutarsi nell’imminenza dei Giochi 1960, quando la scherma era in crisi e il Coni sostituì il presidente Bertolaia con un triumvirato Nostini-Mangiarotti-Darè. «Io Nostini non lo lascio lì solo», disse Edoardo, e lavorarono insieme, il bilancio tecnico fu positivo, venne l’oro anche nella spada a squadre del triumviro Mangiarotti, ma nella successiva assemblea federale Nostini fu eletto presidente e Edoardo dovette ripiegare su cariche che qualcuno definì «di serie B», i Veterani, le Medaglie d’Oro, e che lui accettò obtorto collo. Oltre a presenze in campo internazionale, che frequentò con assiduità, sempre con la moglie Mimi Castiglioni al fianco, e non soltanto per seguire in Nazionale la figlia Carola. Soprattutto tenne alto il suo nome ad ogni occasione olimpica, inseguendo un record di presenze che migliorava ogni 4 anni. Era arrivato a 16 Giochi nel 2008, quando ormai era diventato purtroppo cliente assiduo dell’ospedale San Raffaele, e volle partire per Pechino, sfidando la maledizione del numero 17 che il nostro ex direttore Gualtiero Zanetti faceva aleggiare su di noi. Tentammo di dissuaderlo, invano. Andò in Cina, e riuscì a tornare salvo, se non proprio sano. Passati 4 anni, coltivava ancora, dentro di sé il sogno di essere presente a Londra, per il record (supponiamo) di 18 Olimpiadi consecutive.

Una settimana fa aveva appena ricevuto una copia di un libro storico sulla scherma italiana, contenente molte fotografie dell’archivio di casa Mangiarotti. Lo sfogliava, se ne compiaceva, parlava delle pillole che doveva ingurgitare per prescrizione medica, e con il pensiero andava a Londra, dove suo padre era stato nel 1908 e lui nel 1948. Dove avrebbe voluto tornare, per un diciotto, come molti studenti all’università. Non ci è arrivato. Non era potuto essere presente al raduno milanese dei pochi compagni superstiti dell’Olimpiade ’48, Missoni e Monti, Moioli e Faggi. Se ne è andato dopo l’annuncio che alfiere a Londra sarà un’altra della scherma, Valentina Vezzali, tre medaglie d’oro olimpiche come i suoi predecessori Klaus Dibiasi e Antonio Rossi, Speriamo l’abbia saputo, ne sarà stato orgoglioso.