Il doping il male di tutti gli sport

Il doping il male di tutti gli sport

di G.S. Martino Di Simo (2018)

Lucca, la mia città natale e per oltre 45 anni anche di residenza, è balzata agli onori delle cronache nazionali per un brutto episodio di doping nel ciclismo. Le lunghe e minuziose indagini della squadra mobile, hanno fatto esplodere questo caso, purtroppo i segni che qualche cosa non andava, in questo sport, si erano evidenziati già da alcuni anni. Non spetta a me emettere o anticipare giudizi, saranno i tribunali italiani e quelli federali a prendere i provvedimenti necessari in base ai risultati. Purtroppo è nella natura umana cercare scorciatoie per raggiungere i propri interessi. Nello sport, nella finanza, nella politica, nella vita, nello spettacolo, ecc. non ci sono ricette esclusive, per debellare questo andazzo di cose.
Chi ha avuto la possibilità di seguirmi in questi anni di appartenenza all’UNVS avrà letto già diverse volte cosa ho scritto sul doping nello sport. Purtroppo questo “fenomeno negativo” è esteso in quasi tutti gli sport. Le Federazioni, gli sponsors, vogliono i risultati prima possibile, investono per avere visibilità e per raggiungere le vette sportive, le prime pagine, i servizi in tv, si percorrono tutte le strade possibili. Buona parte delle responsabilità trova coinvolti anche gli organizzatori, infatti, è impensabile che un ciclista anche super allenato, possa sopportare delle fatiche cui è chiamato, per parecchi giorni e in tratti di strada molto impegnativi. Tutti vogliono questo e allora non ci possiamo lamentare del cattivo esempio che si dà ai giovani. Una volta i record duravano anni, in questi ultimi tempi sono immediatamente abbattuti.
Purtroppo quando avvengono questi episodi ci sono i proclami delle federazioni, le quali assicurano un maggior controllo, che lo sport deve essere pulito, sanno benissimo che così non sarà. I politici a ruota si mettono in mostra, specialmente in questo periodo di elezioni, per chiedere la costituzione di parte civile, dei comuni, province e regioni contro questi “untori”. I benpensanti pensano e propongono convegni sul tema doping molte volte per parlarsi addosso o per mettersi in mostra o meglio per lavarsi la coscienza.
Dal mio punto di vista, noi veterani abbiamo la possibilità, se non il dovere, di andare nelle “periferie” nelle palestre, nelle federazioni locali per far capire l’importante di allontanare i giovani da certi rischi, questi abusi si pagano nel proseguo della vita.
Il mio pensiero è sempre stato quello che i maggiorenni hanno la consapevolezza di quello cui vanno incontro, mentre bisogna tutelare i giovani e i giovanissimi inculcando loro lo spirito competitivo, i risultati si ottengono con molti sacrifici e rinunce.
Soltanto risultati strepitosi trovano lo spazio sui giornali e tv sportive dove, il maggior spazio, è dedicato al calcio.
Ricordo perfettamente che all’assemblea di Aosta, per i fatti accaduti in quel periodo, il problema del doping fu appena sfiorato. A quei giorni non si credeva che avesse o poteva prendere la piaga che sta coinvolgendo il nostro sport. I sintomi di questo malessere già si erano verificati con delle morti strane nel calcio, atleti non “puliti” o sospettati in varie discipline.
Il Prof. Renzo Bardelli di Pistoia, tra gli undici libri pubblicati si ricordano: Generazione Epo. Chi e come ha distrutto il ciclismo (2004) con cui vinse il primo premio CONI nazionale per la saggistica sportiva.  Già in quei giorni, questo libro, descrive i vari stratagemmi messi in atto dai ciclisti o dalle loro squadre, per non essere scoperti.
Che cosa è stato fatto in questi 14 anni per debellare l’Epo e altre sostanze dopanti? Nulla. I giornali sbattono in prima pagina la notizia, dopo una settimana la cosa è finita e tutto ricomincia come prima come non fosse successo nulla.
Alcuni anni fa, fu strutturato e sperimentato in Sicilia un progetto sotto la direzione del Vice Presidente area sud e facente parte della Medicina sportiva, Dott. Antonino Costantino, denominato “Educazione alla salute”, nella convinzione che “perdere da sani” sia “meglio che vincere da malati”, “perché il ricorso ai farmaci per alterare le prestazioni del proprio corpo, è una vera e propria malattia, soprattutto mentale, prima che fisica”.  Gli alunni dovevano rispondere ad oltre 20 domande del questionario preparato e da queste si poteva evincere il tipo di sport praticato, per quanti giorni alla settimana, l’alimentazione seguita, il comportamento degli allenatori, se seguivano i consigli dei preparatori, del medico della squadra o il medico di famiglia.  Era un progetto ben strutturato che, per alterne vicende, poteva avere una risonanza non solo nazionale ma internazionale.
Purtroppo il doping è una materia che scotta e non facile a debellare ma il mio pensiero, come di chi ha lavorato al suddetto progetto, era quello che se i maggiorenni si vogliono rovinare la vita per ottenere un effimero risultato, sono liberi di farlo, l’importante è non coinvolgere i minorenni. Lavorando su di loro, facendogli capire a quello che andrebbero incontro, forse si potrebbe interrompere questa malefica dipendenza.
E’ un problema atavico che affonda le sue origini fin dalle prime antiche Olimpiadi o presso i gladiatori che, prima di affrontare gare o avversari, s’imbottivano di carne, vino rosso, perché questo gli avrebbero dato più forza.
Per il fatto che non si possa combattere il doping non deve essere la giustificazione per non affrontare il problema, è necessario cambiare la mentalità di vittoria nello sport, cercare di allontanare i praticoni per non far nascere in tutti noi il dubbio che a ogni vittoria di dietro c’è la mano lunga del doping.

DA “IL VETERANO DELLO SPORT”

INTERVENTO DEL DELEGATO REGIONALE PAOLO ALLEGRETTI

SCANDALO DOPING IN TOSCANA NEL CICLISMO AMATORIALE
Ripartiamo da Lucca per fare educazione sportiva

Grato a Martino di aver alzato i toni su questo ennesimo avvenimento che avvelena il mondo dello sport. Ben venga la proposta, che merita la massima attenzione, di chiamare ad un tavolo di confronto sui problemi etico-sportivi i tanti addetti ai lavori, anche se “ho un po’ piene le tasche” delle tante passerelle. Da tempo penso che bisogna sporcarsi le mani, cioè andare sul campo, dialogare con le società sportive (soprattutto quelle a rischio) e parlare con i diretti interessati, giovani e vecchi. Servono però partners forti, istituzionali e non, che possano parlare direttamente al cuore delle persone per farle riflettere. La morale e l’onestà non credo si possano insegnare direttamente, non sono delle flebo con cui inculcare atteggiamenti e comportamenti eticamente corretti. Ma almeno si induca a riflettere sulle ricadute della disonestà soprattutto sui giovani con tutte le loro fragilità.
I Veterani, portatori di un vissuto positivo e della difesa dei valori fondamentali dello sport, scendano in campo, interagiscano direttamente laddove si pratica sport, portino le loro testimonianze. In qualche modo rimedino agli errori ed ai fallimenti delle famiglie e della scuola. Troviamo un modo per uscire da questa maledetta spirale e dalle tante nefandezze quotidiane, non solo nel doping… Idealismo? Sarà, ma se non erro qualcuno ha teorizzato che “la moneta buona scaccia quella cattiva”.
Paolo Allegretti